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venerdì 1 marzo 2024

I Sette Sermoni ai Morti

I Sette Sermoni ai Morti

Carl Gustav Jung


Sermone I°

I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò che cercavano.    
Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai il mio insegnamento.

Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza.
Nell'infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno.
Potreste dire altrettanto bene qualche altra cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero
o che non è o che è.
Una cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poiché ha tutte le qualità.

Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA.
In esso sia il pensiero che l'essere cessano, poiché l'eterno e infinito non possiede qualità.
In esso non c'è essere, perché allora sarebbe distinto dal pleroma,
e possiederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal pleroma.

Nel pleroma c'è nulla e tutto.    
Non giova riflettere sul pleroma, perché ciò significherebbe auto-dissolversi.
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La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l'aria dovunque. Benché il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in questo, come un corpo completamente trasparente non diventa né chiaro né scuro per via della luce che lo pervade.

Noi siamo però il pleroma stesso, poiché siamo una parte dell'eterno e infinito. Ma non ne siamo parte, perché siamo infinitamente lontani dal pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel tempo e nello spazio.

Ma poiché siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito, eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poiché piccolo e grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura come parte del pleroma, perché in effetti il pleroma non è diviso in nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l'intero pleroma perché, figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto, non esistente) in noi e l'illimitato firmamento intorno a noi. Ma perché mai parliamo allora del pleroma, dal momento che esso è tutto e nulla ?

Ne parlo per avere un qualsiasi punto d'inizio, e per liberarvi dall'illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa di fermo o in qualche modo di stabilito fin dall'inizio. Ogni cosa cosiddetta fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è fisso e certo.

Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l'unica cosa fissa e certa; perché ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa.

E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura ? Le creature hanno origine, ma non la creatura, perché essa è la qualità del pleroma stesso, così come la non-creazione, la morte eterna. In ogni tempo e luogo c'è creatura, in ogni tempo e luogo c'è morte. Il pleroma ha tutto, distinzione e indistinzione.

La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua essenza, e perciò essa distingue.

Di conseguenza l'uomo distingue perché la sua natura è la distinzione. Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le distingue fuori dalla sua natura. Quindi l'uomo deve parlare delle qualità del pleroma che non esistono.

A che serve parlarne, direte ? Hai detto tu stesso che è vana cosa ragionare sul pleroma !

Vi ho detto questo per liberarvi dall'illusione che si possa riflettere sul pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario parlare, affinché possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.

- continua -

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