I Sette Sermoni ai Morti
Carl Gustav Jung
Sermone I°
I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò
che cercavano.
Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai
il mio insegnamento.
Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza.
Nell'infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno.
Potreste dire altrettanto bene qualche altra
cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero
o che non è o che è.
Una
cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poiché ha tutte le
qualità.
Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA.
In esso sia il pensiero
che l'essere cessano, poiché l'eterno e infinito non possiede qualità.
In
esso non c'è essere, perché allora sarebbe distinto dal pleroma,
e
possiederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal
pleroma.
Nel pleroma c'è nulla e tutto.
Non giova riflettere sul pleroma, perché ciò significherebbe
auto-dissolversi.
La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine
della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l'aria dovunque.
Benché il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in
questo, come un corpo completamente trasparente non diventa né chiaro né
scuro per via della luce che lo pervade.
Noi siamo però il pleroma stesso, poiché siamo una parte dell'eterno e
infinito. Ma non ne siamo parte, perché siamo infinitamente lontani dal
pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto
siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel
tempo e nello spazio.
Ma poiché siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito,
eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poiché piccolo e
grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque
intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura
come parte del pleroma, perché in effetti il pleroma non è diviso in
nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l'intero pleroma perché,
figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto,
non esistente) in noi e l'illimitato firmamento intorno a noi. Ma perché
mai parliamo allora del pleroma, dal momento che esso è tutto e nulla
?
Ne parlo per avere un qualsiasi punto d'inizio, e per liberarvi
dall'illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa di
fermo o in qualche modo di stabilito fin dall'inizio. Ogni cosa cosiddetta
fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è
fisso e certo.
Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l'unica cosa fissa e
certa; perché ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa.
E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura ? Le
creature hanno origine, ma non la creatura, perché essa è la qualità del
pleroma stesso, così come la non-creazione, la morte eterna. In ogni tempo
e luogo c'è creatura, in ogni tempo e luogo c'è morte. Il pleroma ha
tutto, distinzione e indistinzione.
La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua
essenza, e perciò essa distingue.
Di conseguenza l'uomo distingue perché la sua natura è la distinzione.
Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le
distingue fuori dalla sua natura. Quindi l'uomo deve parlare delle qualità
del pleroma che non esistono.
A che serve parlarne, direte ? Hai detto tu stesso che è vana cosa
ragionare sul pleroma !
Vi ho detto questo per liberarvi dall'illusione che si possa riflettere sul
pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base
alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non
diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario
parlare, affinché possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra
natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo
abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.
- continua -
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