I volti dell'Avversario
L’enigma della lotta con l’Angelo
Al cuore dell’Antico Testamento c’è un breve episodio, racchiuso in pochi
versetti,
che costituisce non solo una delle scene più famose e influenti della nostra
tradizione,
ma anche la soglia misteriosa attraverso cui sembra passare l’intero racconto
biblico.
Quei versi narrano della lotta notturna del patriarca Giacobbe
con un essere non meglio identificato sulla riva del fiume Iabbòq.
Un evento enigmatico, che non ha smesso di interpellare teologi, filosofi,
artisti.
Chi, o cosa, è questa figura con cui lotta Giacobbe: il Divino, il Male,
l’Alterità assoluta
o il Sé più profondo ?
Affrontare queste domande, come fa Roberto Esposito ne “
I volti dell’Avversario
”,
vuol dire interrogarsi in maniera radicale sulla nostra identità, sui suoi
conflitti e le sue ferite.
Perché la lotta di Giacobbe ci parla di ogni lotta :
anzi della Lotta come forma ineluttabile della vita.
Qualcuno « lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora ».
Lui è il patriarca Giacobbe. Ma chi è l’Avversario
- colui che lo afferra e affronta per l’intera notte ?
Un uomo, un dio, un angelo, un demone
o la sua stessa ombra che si stacca da lui per perseguitarlo ?
E ciò che li stringe in un nodo insolubile è davvero una lotta ?
O piuttosto un incontro, un abbraccio, una danza ?
Di questo episodio - uno dei più celebri ed enigmatici della Bibbia
la tradizione
ha dato infinite interpretazioni teologiche, filosofiche, artistiche,
psicoanalitiche,
senza arrivare a una risposta definitiva.
Anziché proporne un'altra, Roberto Esposito moltiplica vertiginosamente
le domande,
convocando autori, testi, opere d'arte della grande cultura moderna
che sono entrati in rapporto con la Lotta.
Disvelando i volti dell'Avversario, Esposito affaccia l'ipotesi che a
unire i Due
sia l'Avversità stessa da cui tutti proveniamo e che non possiamo
eludere
perché coincide con la nostra medesima esistenza.
Lottando con l'Altro, ciascuno, a partire dall'autore, lotta con se
stesso,
per accostarsi a una verità che continua a sfuggirgli.
Senza presumere di afferrarla, resta esposto all'inevitabilità della sua
assenza.
E, come Giacobbe, cerca nella ferita inferta dall'Avversario
le lacerazioni e le occasioni della propria vita.
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