Racconti brevi
Parabola del Tempio edificando
La bellezza dei racconti brevi sta nell’aria di mistero che si
lasciano dietro.
Scrivere un libro intero è un lavoro da encomiare
ma scrivere un racconto breve è un’arte.
Serve innanzitutto un’idea che deve esplodere all’interno di poche pagine.
Ma quello che lo rende eclatante
è lo scorcio di un mondo che in effetti non esisterà mai
se non nell’immaginazione di chi legge
dettata da poche righe trovate all’interno del testo.
Ma questo è solo il mio punto di vista.
Eccone un esempio
Dall’introduzione de
La Russia e la Chiesa Universale
di Vladimir Solov’ëv
La Russia e la Chiesa Universale
di Vladimir Solov’ëv
Un grande architetto, partendo per un lungo viaggio, chiamò i suoi
discepoli e disse loro:
« Voi sapete che io sono venuto per ricostruire il
santuario principale del paese
distrutto da un terremoto.
L’opera, ormai, è iniziata:
ho tracciato il piano generale, il terreno è stato
spianato
e le fondamenta sono gettate.
Voi mi sostituirete durante la mia assenza.
Io tornerò senz’altro, ma non so dirvi quando.
Lavorate dunque come se doveste compiere tutta l’opera senza di
me.
È il momento di mettere in pratica gli insegnamenti che vi ho
impartito.
Ho fiducia in voi e non starò ad imporvi tutti i particolari
dell’opera.
Badate soltanto di osservare le regole della nostra arte.
Del resto, vi lascio le fondamenta incrollabili del
Tempio,
che io stesso ho gettato, e il piano generale che ho
tracciato:
il che vi basterà se sarete fedeli al vostro dovere.
E comunque non vi lascio soli:
E comunque non vi lascio soli:
in ispirito e col pensiero sarò sempre con voi. »
Poi li portò nel luogo dove sarebbe dovuta sorgere la nuova
chiesa,
mostrò loro le fondamenta e consegnò loro il piano.
Dopo la sua partenza, i discepoli lavorarono di comune accordo;
Dopo la sua partenza, i discepoli lavorarono di comune accordo;
e circa un terzo dell’edificio fu ben presto costruito.
Tuttavia, dato che l’opera era molto grande ed estremamente
complicata,
i primi compagni non furono sufficienti e se ne dovettero ammettere
di nuovi.
Non passò così molto tempo che tra i principali capi dei lavori
sorse una grave contesa.
Ci fu chi pretese che delle due cose lasciate in eredità dal maestro assente
Ci fu chi pretese che delle due cose lasciate in eredità dal maestro assente
– le fondamenta dell’edificio e il piano generale –
solo quest’ultimo fosse veramente importante e vincolante,
mentre nulla impediva di abbandonare le fondamenta già poste e
costruire in altro luogo.
Contestati energicamente dal resto dei loro colleghi, costoro, nel
calore della disputa,
arrivarono sino ad affermare
(in contrasto con il loro stesso sentire, più volte apertamente
espresso)
che il maestro non aveva mai posto né indicato le fondamenta del
Tempio;
e che questa non era che un’invenzione dei loro avversari.
Tra questi ultimi, poi,
Tra questi ultimi, poi,
ve ne furono molti che, a forza di difendere l’importanza delle
fondamenta,
caddero nell’estremo opposto ed affermarono che l’unica cosa
veramente seria
fosse la base dell’edificio posta dal maestro: così che il loro
compito specifico
consisteva unicamente
nel conservare, riparare e consolidare la parte già esistente
dell’edificio,
senza preoccuparsi di portarlo a termine, perché – dicevano
il compimento dell’opera spetterà esclusivamente al maestro stesso
quando sarà ritornato.
Gli estremi si toccano e i due opposti si trovarono ben presto d’accordo su un punto:
Gli estremi si toccano e i due opposti si trovarono ben presto d’accordo su un punto:
che non si doveva portare a termine l’edificio.
E però,
E però,
il partito che aspirava a conservare in buono stato le fondamenta e
la navata incompiuta
si consacrava, a tale scopo, a molti lavori secondari e vi
dispiegava un’energia indefessa,
mentre il partito che credeva di poter fare a meno dell’unica base
del Tempio,
dopo essersi vanamente sforzato di costruire su un’altra
area,
dichiarò che non si doveva fare assolutamente nulla: secondo questi
ultimi,
nell’arte dell’architettura l’essenziale era la teoria, la
contemplazione dei suoi modelli
e la meditazione delle sue regole e non invece l’esecuzione di un
piano preciso;
e se il maestro aveva lasciato loro il proprio piano del
Tempio,
non lo aveva certo fatto per farli lavorare in comune alla sua
costruzione reale,
ma soltanto perché ciascuno di loro, studiando questo piano
perfetto,
potesse diventare lui stesso un buon architetto.
E a questo proposito, i più zelanti di questo gruppo
consacrarono la loro vita a meditare sul progetto del Tempio
ideale,
ad imparare ed a recitare a memoria ogni giorno le spiegazioni di
questo progetto
che alcuni loro vecchi compagni avevano fatto sulla base delle
parole del maestro.
Ma la maggioranza si accontentava di pensare al Tempio un giorno
alla settimana,
riservando tutto il resto del tempo ai propri affari.
Tra questi operai separatisti, però,
Tra questi operai separatisti, però,
ve ne furono alcuni che, studiando il piano del maestro e le sue
spiegazioni autentiche,
vi ravvisarono delle indicazioni precise, dalle quali risultava che
la base del Tempio
era stata effettivamente posta e non poteva essere più
cambiata;
costoro si imbatterono tra l’altro in queste parole del grande
architetto:
« Ecco le fondamenta incrollabili che io stesso ho posto;
« Ecco le fondamenta incrollabili che io stesso ho posto;
è su di loro che si deve edificare il mio Tempio
se si vuole che esso possa resistere in eterno ai terremoti ed
a qualsiasi flagello. »
Colpiti da queste parole, i buoni operai risolsero di rinunciare al loro separatismo
Colpiti da queste parole, i buoni operai risolsero di rinunciare al loro separatismo
e di unirsi immediatamente a coloro che avevano custodito le
fondamenta
per partecipare alla loro opera di conservazione.
Ci fu però un operaio che disse:
« Riconosciamo i nostri torti,
« Riconosciamo i nostri torti,
rendiamo tutta la giustizia e tutti gli onori dovuti ai nostri
antichi compagni,
riuniamoci con loro attorno al grande edificio soltanto
iniziato,
che noi abbiamo vilmente abbandonato e che essi hanno avuto il
merito impagabile
di aver custodito e conservato in buono stato.
Ma innanzitutto bisogna essere fedeli al pensiero del maestro.
Ora il maestro non ha posto queste fondamenta perché non vi si
mettesse mano,
ma perché il suo Tempio fosse costruito su di esse.
Dobbiamo dunque riunirci tutti
per innalzare sulle fondamenta che ci sono state offerte
l’edificio in tutta la sua interezza.
Se avremo o meno il tempo sufficiente per terminarlo prima del
ritorno del maestro,
è un altro problema che lui stesso non ha voluto risolvere.
Egli però ci ha espressamente comandato di lavorare per far
avanzare la sua opera
ed ha anzi aggiunto che noi faremo più di lui. »
L’esortazione di questo operaio parve strana alla maggior parte dei
suoi compagni.
Alcuni lo definirono un utopista, altri lo accusarono di orgoglio e
presunzione.
Ma la voce della coscienza gli diceva chiaramente
Ma la voce della coscienza gli diceva chiaramente
che il maestro assente era con lui in "
ispirito e verità.”
Solov’ev era un grande. Ho molto apprezzato il suo libro.
È impressionante constatare quanto amasse la sua patria
e ancora di più dopo essersi convertito al cattolicesimo
dall’ortodossia orientale.
Al tempo stesso era convinto (alla fine del XIX secolo)
che la Russia avesse una grande missione di evangelizzazione
universale
e descrive questo sentimento come largamente diffuso in tutto il popolo
russo.
È solo un pensiero... ovviamente indimostrabile, ma lo butto lì:
la Russia avrebbe potuto davvero evangelizzare il mondo.
Il Nemico ne aveva paura
per questo si accanì contro di lei, facendone la patria del
comunismo.
L’universalismo cristiano percepito dai russi fu in tal
modo alterato
e capovolto nell’universalismo sovietico.
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