Suggerimento

Se hai ragione non hai bisogno di gridare.

S. Paolo : " Vagliate tutto e trattenete ciò che vale "
B. Pascal : " Sia il consenso della vostra ragione e non quella degli altri che vi conduca a credere "
T. de Chardin : Basta che la Verità appaia una sola volta, in una sola mente, perché nulla possa più impedire d'invadere tutto e d'incendiare tutto "
Di mio sento solo di aggiungere che : la Verità non necessita di essere sostenuta da proselitismo ... bensì ... essere semplicemente enunciata e testimoniata.
Essa è sempre coerente con sé stessa e trova per sua stessa natura quale sia il modo più opportuno e la circostanza più adatta per rivelarsi.
E' solo questione di tempo.

Da considerare anche che, una volta conosciuta, la Verità rende sicuramente liberi, ma, in alcune circostanze, niente affatto sicuri.

SAPERE AUDE !

ET SI OMNES EGO NON

Testo scorrevole

► Solo chi porta in sé l’Impronta si riconoscerà a vicenda. Segno lampante d’identificazione lasciato dalle cicatrici del Passato.

mercoledì 9 novembre 2022

Lingua e parole condizionanti

Lingua e parole condizionanti

Perché la lingua condiziona la nostra intelligenza ?

Cosa si nasconde dietro la scomparsa del congiuntivo e l’abuso di anglicismi ?

« Non vi è alcuna necessità di usare la parolacashbackperrimborso
recovery planper piano di ripresa ” , “ green economypereconomia verde
o dropletpergocciolina ” » - afferma il professor Jeffrey Earp.
« La mia impressione è che talvolta gli italiani usino l’inglese
più per mostrarsi colti
, “ moderni ” o “ internazionali ”.

La questione linguistica è legata a una svalutazione del nostro paese,
di tutto ciò che è italiano e quindi del nostro patrimonio linguistico,
per questo gli italiani
immettono nella loro lingua un numero sproporzionato di anglicismi,
anche quando l’equivalente italiano suona meglio.

In Spagna e in Francia, ad esempio,
il numero di anglicismi è notevolmente minore rispetto all’Italia.

Tutte le lingue sono soggette a cambiamenti
e si evolvono anche grazie all’apporto di forestierismi.

Nel XIX secolo andava di moda tra le classi colte usare “ francesismi
E tantissime parole che oggi usiamo hanno un’origine straniera.

Ad esempio, la parola bistecca
deriva dall’inglese beef-steak, costola di bue.
C’è differenza però tra l’immettere un uso equilibrato di parole straniere,
che arricchiscono la nostra lingua, a ciò che invece sta accadendo oggi.

Rinunciando al nostro patrimonio linguistico,
stiamo rinunciando alla nostra identità,
limitandoci a diventare la brutta copia di un’altra cultura.
E gli anglicismi vanno di pari passo con un altro problema :
l’impoverimento linguistico.

Nel romanzo 1984 per ostacolare il pensiero, viene ridotto il numero delle parole.
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici.
Quando i vocaboli si riducono, scompaiono anche i concetti astratti equivalenti.

Il risultato ?
Un impoverimento emotivo oltre che linguistico.
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Il congiuntivo, ad esempio, non viene più usato.
Il congiuntivo esprime una situazione ipotetica, serve per formulare delle ipotesi.

Pensare e parlare utilizzando sempre e soltanto l’indicativo
induce a ragionare soltanto in termini di certezze,
a eliminare le supposizioni e i dubbi dal nostro modus mentale.
E le implicazioni di ciò non possono che essere disastrose.

Il linguaggio non deve essere ampolloso o retorico ma “ ricco
per poter cogliere tutte le sfumature dei sentimenti
ed esprimere concetti che non possono essere semplificati,
come invece accade fin troppo spesso.

Prendendo in mano un giornale
ci si rende conto con tristezza di come il linguaggio sia scaduto.
La cosiddetta sinteticità, tanto osannata in ambito giornalistico,
ha comportato una banalizzazione di questioni complesse :
si scrive e si pensa in termini di bianco o nero
e ciò esclude a priori tutte quelle complessità,
quelle sfumature che non si prestano a essere racchiuse in poche righe.

I testi non sono soltanto scritti male, ma adottano un linguaggio infantile,
offensivo per la scarsa considerazione che dimostrano di avere
nei confronti del lettore medio.

L’impoverimento linguistico si riscontra soprattutto nei giovanissimi.

All’incapacità di articolare pensieri complessi
si accompagna una banalizzazione delle emozioni.

Ci sono molteplici sfumature dietro l’espressione “ sto bene ”;
lo stare bene può significare gioia, allegria, contentezza, soddisfazione,
letizia, esultanza, giubilo,
così come “ lo stare male ” racchiude tanti sentimenti diversi
come la tristezza, la malinconia, l’angoscia, la nostalgia.

Questo “ analfabetismo emotivo ” è sempre più diffuso
e purtroppo si associa a una crescente vulnerabilità sociale.

Le parole sono l’arma più potente che abbiamo,
sono il mezzo attraverso il quale comunichiamo i nostri sentimenti, i nostri pensieri,
con cui diamo un nome alle nostre paure, alle nostre sensazioni, ai nostri dubbi.

Come possiamo comunicare e incidere sulla realtà,
se non abbiamo parole per tradurre i nostri pensieri ?
Come possiamo far valere la nostra voce,
se la nostra voce è muta perché non ha parole dalle quali attingere ?
Che cosa possiamo fare ?

Evitare inutili anglicismi,
privilegiare giornali che proteggono la qualità dei loro scritti,
leggere, leggere tanto perché la letteratura è il nutrimento della psiche
e concederci il tempo necessario
perché alcune cose hanno bisogno del loro tempo,
tempo per essere spiegate, apprese, assaporate, interiorizzate.

- Guendalina Middei -
Quotidianoweb
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L’imposizione della lingua e il controllo del suo uso
sottraendo alle persone uno degli strumenti principali dell’autodefinizione
in relazione con il proprio ambiente naturale e sociale
e ... ovviamente ... in relazione con l’intero universo
è un potente mezzo di annientamento e di condizionamento
dell’identità individuale e collettiva.

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Nelle trattazioni di storia linguistica o di politica linguistica
si evoca spesso l’espressione famosa
che si legge nella prefazione con cui Antonio de Nebrija
dedicò la sua pionieristica grammatica dello spagnolo (1492)
alla regina Isabella di Castiglia : « siempre la lengua fue compañera de lo imperio »
cioè « si accompagnò alla potenza dello Stato ».
Dal fronte opposto
cioè dalla patria di una lingua molto debole fuori dei propri confini
possiamo citare il giudizio perfettamente combaciante che due secoli dopo
lo scienziato e letterato toscano e Accademico della Crusca, Lorenzo Magalotti
dava delle condizioni dell’italiano :
« La mancanza in Italia d’una Corte grande,
che faccia marciare il cannone e veleggiar delle flotte
fa che non vi si ralleva un genio [= tipo di cultura] grande e universale,
senza di cui le lingue è impossibile che salgano a una certa nobiltà [= prestigio]
che le faccia ricevere anche dagli stranieri »
A buon diritto, perciò
Maria Agostina Cabiddu richiama, in appendice al suo saggio,
una chiara affermazione dello stesso principio
questa volta proiettato al futuro, di Winston Churchill
che nel 1943 salutava l’alleanza militare con gli Stati Uniti d’America
con l’auspicio che le due nazioni anglofone potessero in seguito dominare nel mondo
anche solo imponendo la loro lingua comune,
secondo un piano da lui stesso fatto redigere in pretto Basic English,
con un testo di « about 650 nouns and 200 verbs and other parts of speech ».

Dalla Prefazione a firma Giuseppe Sabatini
de :
a cura di Maria Agostina Cabiddu


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