L'eredità del '68...
sarà l'estinzione degli italiani
La bomba innescata a suo tempo
Il Sessantotto del secolo scorso
fu una ubriacatura generazionale pilotata.
Un vento di filosofica follia.
«
Dove tuona un fatto, siatene certi, lì ha lampeggiato un'idea.»
- Ippolito Nievo -
Fu quello l'anno in cui fu fatto detonare un " involucro "
( il mondo studentesco )
in cui era stata coltivata una Primavera dall'apparenza abbagliante
fatta seguire da
nuvole oscure ... le cui ombre sempre più incupite
continuano ad offuscare gli accadimenti del nostro tempo.
Quello che segue è un articolo da meditare. Molto interessante
che ben descrive uno dei tanti frutti malati generati da quegli eventi
in quello che vorrei poter continuare a chiamare ... il nostro
Belpaese.
👇
C'è una piaga sociale
che dovrebbe allarmare quanto l'esplosione della povertà fra gli
italiani
e in parte è amplificata
proprio dalla massiccia caduta nella povertà di una grossa fascia del ceto
medio.
Questa nuova piaga potrebbe diventare altrettanto drammatica e costosa
socialmente :
si tratta della solitudine.
Secondo un'indagine Istat
circa 9 milioni di italiani temono di ritrovarsi soli in un eventuale
momento di bisogno
dovuto a malattia o altri gravi problemi.
La domanda è stata così formulata :
«
Ha la certezza di poter contare su un certo numero di persone
( senza quantificare quante )
in caso di gravi problemi personali ?
Gli altri sono attenti a quanto le accade ?
In caso di necessità è facile per lei avere aiuto dai vicini di casa ?
»
Ai nove milioni di italiani che ritengono di poter avere un supporto «
debole »
- cioè temono di trovarsi da soli -
si aggiungono poi i ventotto milioni di connazionali che danno una risposta
« intermedia ».
Solo quattordici milioni affermano di poter contare su un sostegno «
forte ».
Sono dati riportati dal sito Quotidiano sanità secondo cui «
... dai 35 anni in su
la paura di restare da soli colpisce quasi un italiano su cinque
».
Leggi anche :
Socci : spiego al centrodestra come vincere le elezioni.
Ovviamente fra gli anziani e i più poveri c'è una maggiore incidenza della
solitudine.
È infatti una situazione dovuta all'invecchiamento della popolazione e al
crollo demografico,
due fenomeni che in Italia sono particolarmente gravi,
ma anche alla contestuale e progressiva dissoluzione della famiglia
che, in questi anni, nel nostro Paese,
ha svolto una straordinaria funzione di supplenza dello «
stato sociale » ormai sfasciato.
La famiglia ha rappresentato il « welfare state »
che ha funzionato nel quindicennio del massacro sociale europeo
ed è stato tutto a carico dei cittadini.
Si pensi solo all'enorme disoccupazione giovanile :
se non si è trasformata (ancora) in un fenomeno esplosivo e di ordine
pubblico
lo si deve esclusivamente alle famiglie che hanno tenuto botta.
Perfino in Italia, però, dove la famiglia ha retto più che in altri
Paesi,
adesso si cominciano ad avvertire inquietanti scricchiolii.
INVERNO EUROPEO
D'altronde tutta l'Europa sta facendo i conti con il crollo
demografico,
con l'invecchiamento della popolazione e con la dissoluzione della
famiglia.
Il «ministero per la solitudine» varato nei giorni scorsi dal governo britannico si riferisce allo stesso
problema sociale che anche nel Regno Unito riguarda circa nove milioni di
persone e che sta diventando esplosivo: la condizione di solitudine che
vivono molti anziani, ma anche giovani disabili e altre categorie di
persone. Da un'indagine condotta nel Regno Unito è emerso addirittura che
200 mila anziani per più di un mese non hanno avuto un dialogo con qualcuno
(parente o amico). Questa condizione di isolamento ha una pesante ricaduta
sulla salute delle persone (anche sulla salute psicologica e mentale).
Quella britannica è la prima avvisaglia di un fenomeno che diventerà
generalizzato in Occidente. La dissoluzione della famiglia è un evento epocale
perché la famiglia è - di fatto - la più antica istituzione umana, precede
tutte le organizzazioni sociali (tribù, stati, imperi, regni, repubbliche) e
a tutte era finora sopravvissuta. Nel Novecento è stata aggredita dai
diversi totalitarismi che trovavano in essa un ultimo argine al dilagare del
loro indottrinamento ideologico verso le nuove generazioni. Sta riuscendo invece nell'opera di demolizione il nichilismo relativista
esploso con il '68.
Sta vincendo anche in Italia dove la storica solidità della famiglia era già
criticata da certe correnti ideologiche che ne hanno fatto a lungo una
grottesca caricatura fino a considerarla un fenomeno di arretratezza civile
e di asocialità. Adesso il nostro Paese - nel disinteresse assoluto dei
governanti - ha il record nella triste classifica europea del crollo
demografico. Secondo alcuni studi, con gli attuali tassi di natalità, entro la fine di questo secolo l'Italia perderà l'86 per cento della sua
popolazione.
Il canadese Mark Steyn sostiene che nel 2050 il 60 per cento degli italiani non avrà né fratelli né sorelle, né
cugini, né zii o zie. Significa la sparizione, per sempre, della grande
famiglia italiana che scompare dalla scena della storia. È una sorta di «genocidio» culturale e spirituale che preluderà alla vera e propria estinzione degli
italiani. Nelle residuali famiglie a figlio unico la «solitudine» sarà il convitato di pietra abituale già per «il figlio» e poi per il naturale invecchiamento dei genitori o per le situazioni
drammatiche della vita come la malattia o la spaccatura dell'unità familiare
dovuta a separazioni o divorzi. C'è però anche un altro aspetto che di
solito non si considera. Non poter più fare l'esperienza della «fratellanza», perché quasi nessuno più avrà fratelli o sorelle, cosa significherà ?
Non c'è solo il valore educativo per l'individuo dell'avere fratelli e
sorelle (ciò che ti abitua a condividere e a non sentirti come il centro
dell'universo), ma anche la perdita di significato generale della parola
«fraternità». È noto che, con il cristianesimo, la parola «fraternità» ha denominato specialmente la vita religiosa (basti pensare a san
Francesco e ai suoi seguaci che si chiamano «frate» e «sorella»). Ma la fratellanza ha connotato più in generale tutta la comunità
cristiana e quindi tutta la società. Per influsso del cristianesimo la
«fraternità» è diventata un valore sociale riconosciuto perfino nella modernità
laicista e anticlericale, che non sarebbe nemmeno immaginabile senza il
cristianesimo. Infatti ritroviamo la «fraternità» nel linguaggio della massoneria e nella famosa triade della rivoluzione
francese, «libertà, uguaglianza, fraternità». Magari veniva proclamata mentre nelle piazza si tagliavano le teste
(specie di preti e suore), ma proveniva comunque dalla storia cristiana
(come pure libertà e uguaglianza). La ritroviamo poi - pacificamente - nella
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 che all'articolo 1
recita: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi
sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri
in spirito di fratellanza».
RICHIAMO ASTRATTO
Ma se andiamo - velocemente - verso un mondo senza veri fratelli e vere
sorelle, senza l'esperienza concreta della fratellanza - non diventerà
sempre più astratto il richiamo alla fratellanza universale ? Se la
solitudine comincia ad avanzare, come un deserto che divora la costruzione
umana, già nelle famiglie, e anche i legami comunitari un tempo formati dal
cristianesimo non ci sono più, se già oggi milioni di persone in un Paese
come l'Italia, temono di trovarsi da soli o sono soli, che senso ha
proclamare a parole la fraternità e la solidarietà ? Infine c'è da chiedersi
come e perché si è verificata, in questi anni, una così vasta rivoluzione
antropologica, che sta mettendo fine alla più antica e solida istituzione
umana, la famiglia, che è l'alveo concreto della fratellanza. Ma
non è poi così difficile capire quali ideologie e quali poteri hanno
assecondata questa rivoluzione. Anche se magari sono gli stessi ambienti
che predicano - a parole - l'ideologia della fraternità e della
solidarietà.
- Andrea Tempestini / Antonio Socci -
Nessun commento:
Posta un commento