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T. de Chardin :
" Basta che la Verità appaia una sola volta, in una sola mente, perché nulla possa più impedire d'invadere tutto e d'incendiare tutto "

SAPERE AUDE ! ET SI OMNES EGO NON
« Possano le riflessioni di questi giorni trasformarsi in " ricordi d’oro " del tuo domani e accompagnarti ogni giorno nel cammino del Nuovo Anno »

mercoledì 11 maggio 2016

Una volta ogni cosa

Iniziate nel castello dei principi Della Torre e Tasso a Duino nel 1912
continuate in Spagna e a Parigi fino al 1914
le dieci elegie di questa raccolta furono terminate a Muzot, nel Vallese, nel 1922.
Con La terra desolata di Thomas Stearns Eliot e Anabasi di Saint-John Perse
questi versi
contribuirono a determinare il clima poetico dominante in Europa negli anni Venti.
Essi costituiscono altresì  l'ultima e più importante opera di Rilke
e rappresentano il momento più intenso della sua ispirazione.


[ ... ]
Una volta ogni cosa, soltanto una volta.
Una volta e non più.
E una volta anche noi.
Né più mai.
Ma essere stato una volta,
anche se solo una volta :
essere stati terreni,
sembra irrevocabile.
[ ... ]


- Rainer Maria Rilke -
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La prima
ruota intorno al mistero dell'uomo nella sua incomunicabilità,
in dimensione verticale e in dimensione orizzontale.
L'uomo non può adoperare e non può essere adoperato.
La seconda
verte sull'uomo nella sua labilità, fragilità, inconsistenza.
La terza
afferma che l'esistenza si dà unicamente
nel piccolo mondo di ciò di cui l'uomo è consapevole;
non appena si va più a fondo, tutto si perde nell'indefinito.
La quarta
definisce che l'essere uomo sta nel guardare e nell'essere guardato.
La quinta
asserisce che l'uomo è preda di una potenza impersonale
che si comporta con lui come l'energia con l'ingranaggio di una macchina.
La sesta
asserisce che per l'uomo è impossibile dialogare anche con l'eroe,
perché egli deve correre per la sua strada sulle vie del mondo.
 
La settima
afferma che anche la conquista più eclatante e pura
non riesce a chiamare una determinata persona.
L’ottava
dichiara che l'esistenza dell'uomo non è capace di guardare verso l'aperto.
 
La nona
sostiene che la felicità non giustifica l'esistenza dell'uomo. 
La decima
asserisce il concetto
che il dolore rappresenta il fondo portante dell'esistenza umana.

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