In questo momento di crisi grave, che è anche crisi di civiltà,
in cui troppi, talvolta perfino a destra,
sembrano essere succubi dei dogmi e delle aberrazioni
di una massificazione progressiva che sta corrodendo ceto medio,
economia, libertà individuali e istituzioni democratiche,
è forse il caso di guardare con più attenzione alle cause e alle colpe.
Le responsabilità di politici, magistrati, sindacalisti, preti, intellettuali,
euro-burocrati e banchieri,
in questa fase di preoccupante declino,
sono state, sia pure in misura molto sbilanciata, tutto sommato
evidenziate dalle opposte polemiche di commentatori di varia estrazione,
ma è mancata finora una riflessione complessiva sugli industriali,
parte non certo secondaria della classe dirigente di questo Paese.
[…]
Ma lo sapevano perché erano diversi, amavano agi ed eleganza,
ma non erano alla ricerca di svago,
era l’impegno la loro principale passione e la ricchezza un mezzo non un fine.
Mandavano i figli all’estero per importare nuove tecniche e ampliare gli orizzonti,
non per prepararsi una via di fuga.
Alla fine il problema è che non abbiamo più Borghesi, ma solo ricchi.
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