La Patria e i traditori
All'Italia
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue ! oh qual ti veggio,
Formosissima donna ! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale ? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
- Giacomo Leopardi -
" Una nazione può sopravvivere ai suoi imbecilli
ed anche ai suoi ambiziosi,
ma non può sopravvivere al tradimento dall'interno.
Un nemico alle porte è meno temibile
perché mostra i suoi stendardi apertamente contro la
città.
Ma per il traditore che si muove tra quelle, la porta è
aperta,
il suo mormorio
si sposta dalle strade alle sale del governo stesso.
Perché il traditore non sembra un traditore.
Parla una lingua che è familiare alle sue vittime
ed usa il loro volto e le loro vesti,
appellando alle profondità del cuore umano.
Marcisce il cuore di una nazione;
lavora in segreto come un estraneo nella notte,
per abbattere i pilastri della nazione,
infetta il corpo politico in modo inesorabile. "
- Marco Tullio Cicerone -
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