Breve storia della Verità - 1
Inizi
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    Così esordisce Erodoto nel primo dei suoi nove libri :
  
  
    "
        Ecco le ricerche di Erodoto di Alicarnasso, che egli pubblica
  
  
    sperando di preservare dall’oblio le memorie di umani eventi,
  
  
    e di impedire che le grandi, prodigiose imprese di Greci e di
        Barbari
  
  
    perdano la gloria loro dovuta; e allo stesso tempo lasciare un
        ricordo
  
  
    di quelle che furono le cause delle loro ostilità.
        "
  
  
    Sembrerebbe un’introduzione come un’altra,
  
  
    eppure rivela al lettore attento, e solo a lui,
  
  
    il tratto che fa della cultura ellenica un unicum al mondo :
      l’amore per la verità.
  
  
    Quel che spinse Erodoto a viaggiare, e a descrivere popoli e luoghi di
      Greci e di Barbari
  
  
    fu una curiosità che non si incontra in altre culture.
  
  
    Persiani, Cinesi e Orientali in generale, ragionano così :
  
  
    noi siamo il centro, i migliori; i nostri vicini vengono secondi; i
      vicini dei nostri vicini, terzi;
  
  
    e via dicendo.
  
  
  
      Storicamente l’approccio etnocentrico ha portato al rinchiudersi di una
        cultura in sé stessa,
    
      senza voglia non solo di scoprire quello che possono offrire altre
        culture,
    
      ma anche di offrire quello che la loro ha di suo.
    
      È di memoria relativamente recente la riluttanza di Cinesi e
        Giapponesi
    
      verso la forzata apertura dei loro porti
    
      ad opera delle cannoniere britanniche e statunitensi durante il secolo
        XIX.
    
  
      Possedere la verità vuol dire esser liberi, ma niente affatto
        sicuri.
    
      La storia di Socrate fa al caso.
    
  
      Il capo di accusa era che Socrate corrompesse la gioventù
    
      affermando che gli Dei fossero del tutto irrilevanti.
    
      Atene, invece, li considerava di suprema importanza per il mantenimento
        dell’ordine sociale.
    
      Quale delle due parti aveva ragione ?
    
  
      La risposta, paradossale per quanto sembri, è che avevano ragione tutte
        e due,
    
      ma per motivi diversi.
    
  
      Atene, come ogni sistema di governo, era al tanto
    
      che senza una sanzione superiore le leggi non hanno forza
        coercitiva.
    
      E queste forze erano gli Dei. Ma chi erano codesti Dei ?
    
  
      Un’educazione piatta e deficiente non permette di far luce
    
      su quello che fu l’Era delle Catastrofi, durata grosso modo dal XV al
        VII secolo a.C.
    
      Le orbite dei pianeti, specialmente Venere e Marte, si avvicinavano
        ogni tanto alla Terra.
    
      Quando a una certa distanza critica corrispondeva una differenza di
        voltaggio
    
      anch’essa critica,
    
      scoccava un arco voltaico che ionizzava tutto al suo passaggio,
    
      obliterando popolazioni e territori lungo un arco di Grande Cerchio per
        diverse ore.
    
      I popoli, terrorizzati, si rifugiavano in caverne, spesso
        artificiali,
    
      per uscirne a passaggio (e rovina) avvenuti.
    
      Ecco l’origine dell’idea ciclica della storia.
    
      I dettagli si possono consultare altrove.[1]
    
  
      Fermiamoci qui al fatto che al tempo di Socrate
    
      la configurazione del Sistema Solare aveva raggiunto la presente Era di
        Tranquillità
    
  
    da 300 anni, e che quindi l’antico terrore era effettivamente
      cessato.
  
  
  
      Aveva quindi ragione il vecchio filosofo di beffarsi degli Dei,
    
    
      ma senza niente da mettere al loro posto per garantire l’ordine sociale
        ateniese.
    
    
      E dovette bere la cicuta.
    
  Silvano Borruso
    - da Accademia della Libertà -
    continua
  
      [1]
    
    Chi legge Le Metamorfosi di Ovidio senza i paraocchi della
      squola gramsciana,si rende conto di scorrere un vero catalogo di catastrofi naturali,
ammannito in linguaggio antropomorfico.

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