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sabato 18 marzo 2017

Antropologia culturale

Antropologia culturale

Epilogo e soliloquio morale

È molto probabile che la conversione alla produzione di energia nucleare
creerà proprio quelle condizioni materiali di base appropriate all'uso del computer
per instaurate una forma nuova e duratura di dispotismo.
Solo con il decentramento del nostro modo fondamentale di produzione energetica,
ovvero
spezzando í cartelli che monopolizzano l'attuale sistema di produzione energetica
e creando nuove forme decentralizzate di tecnologica energetica,
possiamo ripristinare la configurazione ecologica e culturale
che portò all'emergere della democrazia in Europa.


Ma, ci chiediamo, come possiamo scegliere consapevolmente
improbabili alternative a probabili tendenze evolutive ?
Riesaminando il passato in una prospettiva antropologica,
vediamo chiaramente
che le principali trasformazioni della vita sociale umana
non hanno mai corrisposto, sinora,
agli obiettivi coscientemente espressi dai suoi agenti storici.
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La coscienza ha avuto ben poco a che vedere con i processi mediante i quali
guerra e infanticidio
sono divenuti i mezzi per regolare le popolazioni delle società di bande e villaggi :
le donne sono diventate sottomesse agli uomini;
quelli che lavoravano di più e possedevano di meno
sono diventati quelli che lavoravano di meno e possedevano di più;
i  " grandi dispensatori " sono divenuti i grandi credenti;
la carne sacrificale è diventata la carne proibita;
i sacrificatori di animali sono diventati vegetariani;
i mezzi per risparmiare lavoro sono diventati strumenti di duro lavoro;
l'agricoltura basata sull'irrigazione è divenuta la trappola del dispotismo idraulico.
I nostri antenati,
ovviamente, non erano psicologicamente meno coscienti di quanto noi siamo,
nel senso di stare attenti, di fare riflessioni e prendere decisioni
basate sul calcolo dei costi-benefici immediati di tipi alternativi di azione.

Dire che la loro coscienza
non ha svolto un ruolo nel dirigere il corso dell'evoluzione culturale
non significa dire che si trattava di zombi.
Io credo che essi non erano consapevoli dell'influenza
dei modi di produzione e riproduzione sui loro valori ed atteggiamenti
e che ignoravano completamente gli effetti cumulativi a lungo termine
di decisioni prese per massimizzare gli effetti cumulativi a breve termine.

Per trasformare il mondo in modo consapevole
Bisogna prima esser coscienti della sua natura.
L'assenza di una tale comprensione è un triste preludio.

Come determinista culturale,
sono stato a volte accusato di ridurre i valori umani a un riflesso meccanico
e di rappresentare gli individui come semplici marionette.
Ma questi sono punti di vista estranei alla mia concezione dei processi culturali.
Insisto semplicemente sul fatto
che il pensiero e il comportamento degli individui
sono sempre indirizzati dalle costrizioni e dalle opportunità culturali ed ecologiche.
I modi successivi di produzione e riproduzione
determinano, in larga misura, la natura di questi canali.

Quando il modo di produzione esigerà " grandi uomini " redistributori,
emergeranno individui ambiziosi
che vanteranno la loro ricchezza per redistribuirla interamente.
Quando il modo di produzione esige " grandi uomini imprenditori ",
emergeranno individui ambiziosi che vanteranno la loro ricchezza
e la conserveranno tutta per loro stessi.



Non pretendo di sapere
perché Soni è diventato un grande organizzatore di feste redistributive
o perché John D. Rockefeller è diventato un grande accumulatore di ricchezze.
Né so perché Amleto è stato scritto da un certo individuo
piuttosto che da un altro.
Sono disposto
 a lasciare che questi problemi rimangano avvolti per sempre nel mistero.

La causalità culturale è un altro problema.

Molti artisti e umanisti si rifiutano di ammettere che l'evoluzione culturale
sia stata finora determinata da forze impersonali inconsce.
Il carattere determinato del passato li rende inquieti
di fronte all'idea che possa esistere un futuro altrettanto determinato.
Ma le loro paure sono mal poste.
Solo attraverso una consapevolezza della natura determinata del passato
possiamo sperare di rendere il futuro
meno dipendente da forze inconsce e impersonali.
Nella nascita di una scienza della cultura
altri credono di scorgere la fine dell'iniziativa morale.

Da parte mia, non riesco a vedere come la non comprensione
dei processi deterministici che hanno operato fino ad oggi
possa rappresentare la base su cui costruire un futuro di civiltà.
Nella nascita di una scienza della cultura, pertanto,
io vedo l'inizio, non la fine dell'iniziativa morale.
Gli amanti della spontaneità storica sappiano che,
se i processi di evoluzione culturale sono come io li ho intesi,
essi peccano di negligenza morale nello spingere altri a pensare e agire
come se tali processi non esistessero.

Credo sia perniciosamente falso
insegnare che tutte le forme culturali sono egualmente probabili
e che con la semplice forza di volontà un individuo ispirato può,
in qualsiasi momento, modificare la traiettoria di un intero sistema culturale
in una direzione conveniente a una qualche filosofia.
Traiettorie parallele e convergenti
sopravanzano di gran lunga traiettorie divergenti nella evoluzione culturale.
La maggior parte degli individui sono conformisti.
La storia ripete se stessa negli innumerevoli atti di obbedienza individuale
a una regola e a un modello culturali,
e le volontà individuali raramente prevalgono
in materie che richiedono radicali modificazioni di convinzioni
e pratiche profondamente condizionate.

Nello stesso tempo, nulla di quanto ho affermato in questo libro torna
a sostegno dell'idea che l'individuo
è inerme di fronte all'implacabile marcia della storia
o che rassegnazione e disperazione
sono risposte adeguate alla concentrazione del potere industriale manageriale.
Il determinismo che ha governato l'evoluzione culturale non è mai stato equivalente
al determinismo che governa un sistema fisico chiuso.
Piuttosto, rassomiglia alle sequenze causali
che spiegano l'evoluzione delle piante e delle specie animali.

 Retrospettivamente, guidati dal principio della selezione naturale di Darwin,
gli scienziati possono prontamente ricostruire la catena causale
di adattamenti che conducono dai pesci ai rettili e agli uccelli.
Ma quale biologo guardando a uno squalo primitivo
avrebbe previsto lo sviluppo di un piccione ?
Quale biologo
guardando un toporagno avrebbe previsto l'Homo Sapiens ?

L'intensificazione del modo di produzione industriale
E la vittoria tecnologica sulle pressioni maltusiane
preannunciano indubbiamente un'evoluzione di nuove forme culturali.
Non so dire con certezza quali saranno, né sa dirlo chiunque altro.
Poiché i mutamenti evolutivi non sono completamente prevedibili,
è ovvio che vi è spazio, nel mondo, per quello che chiamiamo libero arbitrio.

La decisione, di ciascun individuo,
di accettare, resistere o cambiare l'ordine attuale
altera la probabilità che si verifichi un particolare risultato evolutivo.
Sebbene il corso dell'evoluzione culturale
non sia mai esente da influenze sistemiche,
alcuni momenti sono probabilmente più " aperti ' di altri.
E i momenti più aperti, io penso,
sono quelli in cui un modo di produzione raggiunge i suoi limiti di crescita
e un nuovo modo di produzione deve essere ben presto adottato.

Ci stiamo rapidamente muovendo verso un simile momento di apertura.
Quando lo avremo attraversato, solo allora,
a uno sguardo retrospettivo,
sapremo perché gli uomini hanno fatto una data scelta anziché un'altra.

Nel frattempo,
persone profondamente impegnate in una particolare visione del futuro
avranno tutte le giustificazioni a lottare per raggiungere il loro fine,
anche se il risultato finale può sembrare remoto e improbabile.

Nella vita, come in ogni gioco
il cui risultato dipende sia dall'abilità che dalla fortuna,
la risposta razionale alle cattive probabilità è di riprovare mettendocela tutta.

- Marvin Harris -
Le origini delle culture
Universale Economica Feltrinelli
1977

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