Pinocchio
Una chiave di lettura
    
    Che cosa in realtà ha espresso il Collodi nel suo più celebre
      libro,
  
  
    di là dalle sue intenzioni consapevoli e dichiarate ? 
  
  
    Non ha espresso nessuna delle ideologie correnti, 
  
  
    che erano tutte ignote ai suoi destinatari e che d’altronde 
  
  
    non erano più pacificamente accettate nella profondità della sua
      coscienza. 
  
  
    E sarà sempre una prevaricazione dare di Pinocchio
  
  
    delle spiegazioni ideologiche di qualunque tendenza e di qualunque
      colore,
  
  
    come di fatto sono state date : conservatorismo moralistico, 
  
  
    liberalismo illuministico, pauperismo, marxismo, psicanalismo ecc … 
  
  
    Non le ideologie ma la verità, di sua natura universale ed eterna, 
  
  
    è contenuta in questo magico racconto e, servita com’era 
  
  
    da un’alta fantasia e da una fresca ispirazione poetica, 
  
  
    spiega la sua rapida affermazione e il suo duraturo trionfo. 
  
  
    Ma, per non lasciare nel vago le nostre affermazioni, 
  
  
    quali sono specificamente le verità che senza possibilità di
      discussione, 
  
  
    traspaiono nella storia del burattino ?
  
  
  
    Sono sette quelle che reggono e illuminano tutta la vicenda : 
  
  
    1) Il mistero di un creatore che vuole essere padre. 
  
  
    Pinocchio, creatura legnosa, origina dalle mani di chi è diverso da
      lui; 
  
  
    è costruito come una cosa, ma dal suo creatore è chiamato subito
      figlio. 
  
  
    C’è qui l’arcano di un’alterità di natura, 
  
  
    superata da uno strano, gratuito, imprevedibile amore. 
  
  
    Il burattino, chiamato sorprendentemente a essere figlio, fugge dal
      padre. 
  
  
    E proprio la fuga dal padre è vista come la fonte di tutte le
      sventure; 
  
  
    così come il ritorno al padre è l’ideale che sorregge Pinocchio in tutti
      i suoi guai, 
  
  
    costituendo infine l’approdo del tormentato viaggio e la ragione della
      raggiunta felicità. 
  
  
    2) Il mistero del male interiore. 
  
  
    In questo libro è acutissimo il senso del male. 
  
  
    E il male è in primo luogo scoperto dentro il nostro cuore. 
  
  
    Non è un puro difetto di conoscenza, come nell’illuminismo socratico; 
  
  
    non è risolto tutto nella iniquità o nella insipienza delle
      strutture, 
  
  
    come nell’ideologia liberal-borghese in polemica con l’Ancien Régime 
  
  
    o nell’ideologia marxista in polemica con la società
      liberal-borghese. 
  
  
    «
      Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini escono le intenzioni
          cattive
      » ( Mc 7, 21 ) 
  
  
    Pinocchio sa che cosa è il suo bene, ma sceglie sempre l’alternativa
      peggiore 
  
  
    ( Vedi, c. 9 : a scuola o al teatro dei burattini ; cc. 12 e 18 : a casa
      o al campo dei miracoli 
  
  
    col gatto e la volpe; cc. 27 : a scuola o alla spiaggia a vedere il
      pescecane 
  
  
    c. 30 : dalla Fata o al Paese dei balocchi. ) 
  
  
    Soggiace chiaramente alla narrazione di queste sconfitte 
  
  
    la persuasione della natura decaduta, della
      libertà ferita, 
  
  
    della incapacità dell’uomo a operare secondo giustizia, espresso nelle
      famose parole : 
  
  
    «
      Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio
      » ( Rm 7, 19 ) 
  
  
    3) Il mistero del male esteriore all’uomo. 
  
  
    La nostra tragedia 
  
  
    è aggravata dal fatto che sono all’opera, esteriormente a noi, le potenze
      del male. 
  
  
    Esse non sono viste come forze impersonali, 
  
  
    quasi oggettivazioni delle nostre inclinazioni malvagie o dei nostri
      squilibri, 
  
  
    ma come esseri astuti e intelligenti 
  
  
    che si accaniscono inspiegabilmente ed efficacemente contro la nostra
      salvezza. 
  
  
    Nella fiaba queste forze malefiche 
  
  
    sono rappresentate vivacemente nelle figure del Gatto e della Volpe 
  
  
    e raggiungono il vertice della intensità artistica e della lucidità
      speculativa 
  
  
     nell’Omino, corruttore mellifluo, tenero in apparenza, 
  
  
    perfido nella realtà spaventosa 
  
  
    e stupenda raffigurazione del nostro insonne Nemico : 
  
  
    «
      Tutti la notte dormono, e io non dormo mai » ( c. 31 ) 
  
  
    4) Il mistero della mediazione redentiva. 
  
  
    L’ideologia illuministica aveva diffuso nel mondo 
  
  
    l’orgogliosa affermazione dell’autoredenzione dell’uomo : 
  
  
    l’uomo può e deve salvare se stesso, senza alcun aiuto dall’alto. 
  
  
    Tutta la seconda parte del libro 
  
  
    ( dal c. 16 in avanti, che si potrebbe considerare 
  
  
    quasi il Nuovo Testamento di questa specie di Bibbia ) 
  
  
    è costruita per smentire questa che è l’illusione dominante della nostra
      cultura. 
  
  
    Pinocchio, interiormente debole e ferito, 
  
  
    esteriormente insidiato da intelligenze maligne più astute di lui, 
  
  
    non può assolutamente raggiungere la salvezza, 
  
  
    se non interviene un aiuto superiore, 
  
  
    che alla fine riesce a compiere il prodigio di riconciliarlo col
      padre, 
  
  
    di riportarlo a casa, di dargli un essere nuovo. 
  
  
    Lo straordinario personaggio della Fata dai capelli turchini 
  
  
    è posto appunto a indicare l’esistenza di questa salvezza che è donata
      dall’alto 
  
  
    e può guidare al lieto fine la tragedia della creatura ribelle. 
  
  
    5) Il mistero del padre, unica sorgente di libertà. 
  
  
    La scelta di un burattino legnoso come protagonista della narrazione 
  
  
    è anch’essa una cifra : 
  
  
    è il simbolo dell’uomo, che è da ogni parte condizionato, 
  
  
    che è schiavo degli oppressori prepotenti e dei persuasori occulti, 
  
  
    che è legato a fili invisibili che determinano le sue decisioni 
  
  
    e rendono illusoria la sua libertà. 
  
  
    Il burattinaio di turno 
  
  
    può anche essere soppresso dall’una o dall’altra rivoluzione, 
  
  
    ma fino a che la creatura umana resta solitaria marionetta, 
  
  
    ogni burattinaio estinto avrà fatalmente un successore. 
  
  
    Pinocchio non può restare prigioniero del teatrino di Mangiafuoco, 
  
  
    perché a differenza dei suoi fratelli di legno riconosce e proclama di
      avere un padre. 
  
  
    Il senso del padre è dunque la sola sorgente possibile 
  
  
    della liberazione dalle molteplici, cangianti 
  
  
    e sostanzialmente identiche tirannie che affliggono l’uomo. 
  
  
    6) Il mistero della trasnaturazione. 
  
  
    Pinocchio riesce a raggiungere la sua perfetta libertà interiore 
  
  
    e a realizzarsi perfettamente in tutte le sue virtualità 
  
  
    soltanto quando si oltrepassa e arriva a possedere una natura più alta
      della sua, 
  
  
    la stessa natura del padre. 
  
  
    È la realizzazione sul piano dell’essere della vocazione filiale 
  
  
    con la quale era cominciata tutta la storia. 
  
  
    Noi possiamo essere noi stessi soltanto se siamo più di noi stessi, 
  
  
    per una arcana partecipazione a una vita più ricca; 
  
  
    l’uomo che vuole essere solo uomo, si fa meno uomo. 
  
  
    7) Il mistero del duplice destino. 
  
  
    La storia dell’uomo, come è concepita e narrata in questo libro, 
  
  
    non ha un lieto fine immancabile. 
  
  
    Gli esiti possibili sono due : 
  
  
    se Pinocchio si sublima per la mediazione della Fata 
  
  
    nella trasnaturazione che lo assimila al padre, 
  
  
    Lucignolo 
  
  
    - che non è raggiunto da nessuna potenza redentrice - 
  
  
    s’imbestia irreversibilmente. 
  
  
    La nostra vicenda può avere due opposti finali : o finisce in una
      salvezza 
  
  
    che eccede le nostre capacità di comprensione e di attesa, 
  
  
    o finisce nella perdizione. 
  
  
    Verità cristiane 
  
  
    Queste sette convinzioni, si è visto, sono affermate e conclamate dal
      libro, 
  
  
    e non so come sia possibile con qualche ragionevolezza dubitarne. 
  
  
    Orbene, è anche fuori dubbio 
  
  
    che esse siano sette fondamentali verità della visione cristiana, e cioè
      : 
  
  
    La nostra origine da un Creatore e la nostra vocazione a diventare
      suoi figli 
  
  
    Il peccato originale e la decadenza della nostra volontà 
  
  
    che da sola non sa resistere al male 
  
  
    Il demonio, creatura intelligente e malvagia, che lavora alla
      nostra rovina. 
  
  
    La mediazione salvifica di Cristo, come unica possibilità di
      salvezza 
  
  
    Il senso di Dio, fondamento della dignità umana
  
  
    e della nostra libertà di fronte a qualsivoglia oppressione
  
  
    Il dono della vita di grazia, che ci fa partecipi della natura di
      Dio 
  
  
    I due diversi destini eterni tra i quali siamo chiamati a
      decidere. 
  
  
    Il Collodi che sazio delle ideologie si rivolge ai ragazzi d’Italia, 
  
  
    con felice intuito di artista riscopre nell’anima dei destinatari 
  
  
    l’unica concezione della realtà che accomunava tutti gli abitanti della
      penisola, 
  
  
    prima che l’unificazione politica li dividesse nel profondo 
  
  
    ed erigesse tra loro le barriere avverse delle ideologie. 
  
  
    I ragazzi italiani del 1881
  
  
    potevano certo avere padri e zii clericali o anticlericali, 
  
  
    cattolici intransigenti o conciliatoristi, filo-sabaudi o repubblicani,
      liberali o socialisti; 
  
  
    ma nessuna di queste contrapposizioni li toccava minimamente. 
  
  
    I ragazzi italiani del 1881
  
  
    avevano come sola chiave interpretativa della realtà 
  
  
    la concezione che potevano desumere
  
  
    dalle preghiere delle loro mamme e delle loro nonne, 
  
  
     dagli affreschi e dalle vetrate delle loro chiese, 
  
  
    dalle spiegazioni del vangelo del loro parroco, 
  
  
    dal catechismo studiato per la prima comunione, 
  
  
    dalle espressioni popolari della sapienza cristiana. 
  
  
    I ragazzi italiani del 1881
  
  
    non conoscevano ideologie, conoscevano la verità. 
  
  
    E il Collodi, entrando in comunione di spirito con loro
  
  
    in virtù della capacità penetrativa della sua arte, 
  
  
    riconquista senza volerlo e probabilmente senza saperlo 
  
  
    la verità della sua primissima giovinezza, 
  
  
    la verità che aveva dato a sua madre la forza di vivere, 
  
  
    la verità che ogni cuore umano non prevenuto 
  
  
    percepisce d’istinto come la loro luce che salva. 
  
  
    Si è in modo singolare avverata per lui la parola profetica del Signore
      Gesù : 
  
  
    «
        Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei
          cieli »
      ( Mt 18, 3 ) 
  
  
    «
      Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, 
  
  
    sarà il più grande nel regno dei cieli
      » ( Mt 18, 4 ) 
  
  
    Conclusione 
  
  
    E’ dunque una lezione di vita che possiamo imparare : 
  
  
    le ideologie. possono servire per far politica, per arricchire, per far
      carnera, 
  
  
    per organizzare meglio l’esteriorità della vita terrena, per assicurarsi
      onori e vantaggi, 
  
  
    per avviare rivoluzioni che lasciano la sostanza delle cose come
      prima, 
  
  
    per intraprendere liberazioni che di solito si risolvono in un cambio di
      schiavitù; 
  
  
    ma per la salvezza dell’uomo come uomo non servono. 
  
  
    Per la salvezza occorre la verità : la verità sulla vita e sulla
      morte, 
  
  
    sul senso dell’esistenza e sulla sua insignificanza, sulla felicità e sul
      dolore, 
  
  
    sulla possibilità di speranza e sulla disperazione, 
  
  
    sulla nostra origine e sul nostro ultimo destino. 
  
  
    La salvezza 
  
  
    comincia quando l’uomo si rende conto che la sua vera alienazione 
  
  
    sta nel rifugiarsi nell’una o nell’altra ideologia per la paura di
      misurarsi con la verità, 
  
  
    e comincia a capovolgere questo mortificante processo. 
  
  
    E’ l’insegnamento più elevato e più utile 
  
  
    che si possa trarre dalla vicenda umana di Carlo Lorenzini detto
      Collodi 
  
  
    e dal « caso » letterario de 
  
  
    « Le avventure di Pinocchio »
  
  
    - Card. Giacomo Biffi -
  
  
    CONTRO MAESTRO CILIEGIA
  
  
    Commento teologico a Le avventure di Pinocchio
  
  

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