Lessico etilico pavoneggiante
Vanità linguistiche degustative
Che strana lingua parla il mondo del vino.
Sembra quasi un linguaggio cifrato, un codice interno.
Tante volte c’è da chiedersi se parli per farsi capire o soltanto per farsi notare.
Brutta bestia la vanità, finisce sempre per escludere anziché avvicinare.
Il racconto sul vino e sulla sua storia produttiva
ha fin qui affascinato attraverso picchi romantici, sentimenti bucolici
che toccavano luoghi, paesaggi e storie di vita.
Ma la descrizione di un vino nel bicchiere ha bisogno di meno poesia e più sostanza.
Meno pathos, meno metafore, più termini concreti e chiari per tutti.
Sempre che l’obiettivo sia quello di fare divulgazione
e non di lodare se stessi attraverso autobiografie e code di pavone.
[...]
Sarebbe utile per tutti, principalmente a chi fa divulgazione,
così eviterebbe di parlare soltanto a se stesso.
Di solito chi parla da solo non gode di buona fama e non ha nemmeno tanti amici.
Mettere il naso nel bicchiere e riferire “sensazioni minerali” per descrivere quel vino
è diventato piuttosto frequente.
[...]
... Franco Zingales per inquadrare e descrivere una buona Barbera d’Alba
utilizzava questi termini, in estrema e chiarissima sintesi :
“ colore rosso, violaceo intenso ” (chiaro per tutti, c’è poco da capire).
“ Profumo vinoso ” (e infatti si tratta di vino)
“ sapore pieno e corposo, gradazione alcolica, temperatura di servizio ”
e bla, bla, bla. Tutto molto semplice.
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Ad esempio :
Vino croccante
Forse l’uva appena colta può avere una vaga sensazione di croccantezza sulla buccia.
Soprattutto se l’assaggiate con tutti i raspi.
Vino vibrante
Il vino non vibra, quindi i casi sono due :
o chiedete al vicino di casa la cortesia di abbassare lo stereo
o avete alzato troppo il gomito.
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