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sabato 1 agosto 2020

In qual modo si possa vegetare nella Tirannide

In qual modo si possa vegetare nella Tirannide

Vittorio Alfieri

Della Tirannide


Il vivere senz'anima, è il più breve e il più sicuro compenso
per lungamente vivere in sicurezza nella tirannide;
ma di questa obbrobriosa morte continua
( che io per l'onore della umana specie non chiamerò vita, ma vegetazione )
non posso, né voglio insegnare i precetti;
ancorché io gli abbia, senza volerli pure imparare, pur troppo bevuti col latte.
Ciascuno per sé li ricavi dal proprio timore, dalla propria viltà
dalle proprie circostanze più o meno servili e fatali;
e in fine, dal tristo e continuo esempio dei più, ciascun li ricavi.

Libro II - Cap. secondo

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. . .
Tutte le facoltà dell'animo nostro intorpidite;
tutti i diritti dell'uomo menomati o ritolti;
tutte le magnanime volontà impedite o deviate dal vero;
e mille e mille altre simili continue offese,
che troppo lungo e pomposo declamatore parrei
se qui ad una ad una annoverarle volessi;
ove la vita vera dell'uomo consista nell'anima e nell'intelletto
il vivere in tal modo tremando, non è egli un continuo morire ?
E che rileva all'uomo, che nato si sente al pensare e all'operare altamente,
di conservare tremante la vita del corpo, gli averi, e l'altre sue cose
( e queste né anco sicure )
per poi perdere, senza speranza di riacquistarli giammai
tutti, assolutamente tutti, i più nobili e veri pregi dell'anima ?

Libro II - Cap. settimo

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. . .
Un ottimo cittadino può dunque, senza cessar di esser tale
ardentemente desiderare questo mal passeggero;
perché, oltre al troncare ad un tratto moltissimi altri danni
niente minori ed assai più durevoli
ne dee nascere un bene molto maggiore e permanente.
Questo desiderio non è reo in se stesso, poiché altro fine
non si propone che il vero e durevol vantaggio di tutti.
E giunge avventuratamente pure quel giorno
in cui un popolo, già oppresso e avvilito, fattosi libero felice e potente
benedice poi quelle stragi, quelle violenze, e quel sangue
per cui
da molte obbrobriose generazioni di servi e corrotti individui
se n'è venuta a procrear finalmente una illustre ed egregia
di liberi e virtuosi uomini. 

Libro II - Cap. ottavo



PROTESTA DELL'AUTORE

Non la incalzante povertade audace,
Scarsa motrice a generosa impresa;
Non l'aura vana, in cui gli stolti han pace
D'ogni lor brama in debil fuoco accesa;
Non l'ozio servo, in che la Italia giace;
Cagion, ah! no, queste non fur, ch'intesa
M'ebber la mente all'alto onor verace
Di far con penna ai falsi imperj offesa.

Un Dio feroce, ignoto un Dio, da tergo
Me flagellava infin da quei primi anni,
A cui maturo e impavido mi attergo.
Né pace han mai, né tregua, i caldi affanni
Del mio libero spirto, ov'io non vergo
Aspre carte in eccidio dei tiranni.

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