Lo sdegno della Storia
Le lise pietre di Roma sono lì di vedetta,
son là, sugli spalti, ad indicarci la vetta,
sono qui a ricordarci il glorioso passato
di un popolo ardito, diventato abbrutito.
Oh! popolo immemore di tanta grandezza
che hai mutato la cultura in dotta grettezza,
inquinato la stirpe con bastarda ibridazione
e l’identità, con fumosa e sconcia confusione.
Oh! popolo indegno di qualunque primato
che hai barattato l’onore col mero mercato,
il coraggio e l’audacia con il solo egoismo
e gli esaltanti ideali, col funesto egotismo.
Le vestigia dell’Urbe si stagliano al sole,
smembrate e possenti nella lor fiera mole,
additano ai branchi di questo triste presente,
la stoffa e il mordente di una razza imperante.
Oh! figli degeneri di quel vasto splendore
che avete sguazzato nel peggior disonore,
che avete affidato l’antica terra dei Padri,
ad un’oscena e corrotta masnada di ladri.
Oh! figli snaturati del primo Campidoglio
che avete vomitato perfino sull’orgoglio,
che avete ceduto la vostra indipendenza,
per farne una stia di costante sudditanza.
Le tombe degli Avi sussultan nel legno,
sono livide e torve pel grande disdegno,
sono gravide e colme d’infinito disprezzo,
per un popolo avvezzo al più facile prezzo.
Un popolo ignavo che ha tradito se stesso,
scimmiottando il nemico, pure nell’ossesso,
che ha girato le spalle alla vita ed alla Storia,
per dare incentivo alla pancia ed alla boria.
Un popolo abietto che ha disertato il destino,
che ha venduto la Patria per qualche quattrino,
che ha abolito la brama di qualunque avvenire,
per tornare asservito, al servaggio e al servire.
- Alberto B. Mariantoni -
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