La visione del mondo
  di Julius Evola
  Qualcosa va detto sui problema della cultura.
  Non oltre misura. Noi infatti non sopravvalutiamo la cultura.
  Ciò che noi chiamiamo « visione del mondo » non si basa sui
    libri;
  è una forma interna
  che può essere più precisa in una persona senza una particolare
    cultura
  che non in un « intellettuale » e in uno scrittore.
  Si deve ascrivere fra i nefasti della « libera cultura » alla
    portata di tutti il fatto,
  che il singolo sia lasciato aperto ad influssi di ogni genere
  anche quando è tale da non poter essere attivo di fronte ad essi,
  da saper discriminare e giudicare secondo retto giudizio.
    Ma di ciò qui non può essere il discorso se non per rilevare che,
  
  
    come stanno attualmente le cose,
  
  
    vi sono correnti specifiche da cui la gioventù d’oggi deve difendersi
      interiormente.
  
  
    Noi abbiamo parlato per primo di uno stile di drittura, di tenuta
      interna.
  
  
    Questo stile implica un giusto sapere e specie i giovani
  
  
    debbono rendersi conto dell’intossicazione operata in tutta una
      generazione
  
  
    dalle varietà concordanti di una visione distorta e falsa della
      vita,
  
  
    che hanno inciso sulle forze interne.
  
  
    Nell’una o nell’altra forma questi tossici continuano ad agire nella
      cultura,
  
  
    nella scienza, nella sociologia, nella letteratura,
  
  
    come tanti focolai d’infezione che vanno individuati e colpiti.
  
  
    A parte il materialismo storico e l’economismo,
  
  
    fra i principali di essi sta il darwinismo, la psicanalisi,
      l’esistenzialismo.
  
    Di contro al darwinismo
  
  
    va rivendicata la fondamentale dignità della persona umana,
  
  
    riconoscendo il suo vero luogo, che non è quello
  
  
    di una particolare, più o meno evoluta specie animale fra le tante altre,
  
  
    differenziatasi per « selezione naturale »
  
  
    e sempre legata ad origini bestiali e primitivistiche,
  
  
    ma è tale da elevarla virtualmente di là dal piano biologico.
  
  
     Se oggi non si parla più tanto di darwinismo, la sostanza tuttavia
      permane,
  
  
    il mito biologistico darwiniano nell’una o nell’altra variante
  
  
    vale con preciso valore di dogma, difeso dagli anatemi della «
      scienza »,
  
  
    nel materialismo sia della civiltà marxista che di quella
      americana.
  
  
    L’uomo moderno si è assuefatto a questa concezione degradata,
  
  
    vi si riconosce ormai tranquillamente, la trova naturale.
  
    Di contro alla psicanalisi deve valere l’ideale di uno Io che non
      abdica,
  
  
    che intende restare consapevole, autonomo e sovrano
  
  
    di fronte alla parte notturna e sotterranea della sua anima e al dèmone
      della sessualità;
  
  
    che non si sente né « represso » né psicoticamente scisso,
  
  
    ma realizza un equilibrio di tutte le sue facoltà
  
  
    ordinate ad un significato superiore del vivere e dell’agire.
  
  
    Una convergenza evidente può essere segnalata :
  
  
    la desautorazione del principio cosciente della persona, il risalto dato
      al subconscio,
  
  
    all’irrazionale, all’« inconscio collettivo » e simili dalla
      psicanalisi e scuole analoghe,
  
  
    corrispondono nell’individuo esattamente a ciò che l’emergenza, il moto
      dal basso,
  
  
    la sovversione, la sostituzione rivoluzionaria dell’inferiore al
      superiore
  
  
    e il disprezzo per ogni principio di autorità
  
  
    rappresentano nel mondo sociale e storico moderno.
  
  
    Su due piani diversi agisce la stessa tendenza
  
  
    e i due effetti non possono non integrarsi vicendevolmente.
  
    Quanto all’esistenzialismo, anche a distinguervi ciò che è
      propriamente una filosofia
  
  
    - una confusa filosofia -
  
  
    fino a ieri restata di pertinenza di ristrette cerchie di
      specialisti,
  
  
    bisogna riconoscervi lo stato d’animo di una crisi divenuta sistema ed
      adulata,
  
  
    la verità di un tipo umano spezzato e contraddittorio
  
  
    che subisce come angoscia, tragicità ed assurdo una libertà dalla quale non si sente elevato,
  
  
    a cui si sente piuttosto senza scampo e senza responsabilità
      condannato
  
  
    in mezzo ad un mondo privo di valore e di significazione.
  
  
    Tutto questo, quando già il miglior Nietzsche
  
  
    aveva indicata una via per ritrovare un senso dell‘esistenza
  
  
    e dare a se stesso una legge e un valore intangibile
  
  
    anche di fronte ad un radicale nichilismo,
  
  
    nel segno di un esistenzialismo positivo, secondo la sua espressione
      :
  
  
    da « natura nobile ».
  
  Tali sono le linee di superamenti, che non debbono essere
    intellettualistici,
  ma vissuti, realizzati nel loro diretto significato per la vita interiore e
    per la propria condotta.
  Rialzarsi non è possibile finché si resti come che sia
  sotto l’influenza di consimili forme di un pensare falso e deviato.
  Disintossicatisi, si può conseguire chiarezze, drittura, forza.
  - J. Evola -
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