Suggerimento

Se hai ragione non hai bisogno di gridare.

S. Paolo : " Vagliate tutto e trattenete ciò che vale "
B. Pascal : " Sia il consenso della vostra ragione e non quella degli altri che vi conduca a credere "
T. de Chardin : Basta che la Verità appaia una sola volta, in una sola mente, perché nulla possa più impedire d'invadere tutto e d'incendiare tutto "
Di mio sento solo di aggiungere che : la Verità non necessita di essere sostenuta da proselitismo ... bensì ... essere semplicemente enunciata e testimoniata.
Essa è sempre coerente con sé stessa e trova per sua stessa natura quale sia il modo opportuno e la circostanza più adatta per rivelarsi.
E' solo questione di tempo.

Da considerare anche che, una volta conosciuta, la Verità rende sicuramente liberi, ma, in alcune circostanze, niente affatto sicuri.

SAPERE AUDE !

ET SI OMNES EGO NON

giovedì 26 gennaio 2023

La glorificazione del lavoro

La glorificazione del lavoro


È di moda, nella nostra epoca, esaltare il lavoro, quale che sia e in qualunque modo lo si compia, come se avesse un valore eminente di per sé e indipendentemente da ogni considerazione d’altro ordine;
(…)
È facile capire che questo modo di considerare le cose si riallaccia direttamente all’esagerato bisogno d’azione caratteristico degli Occidentali moderni; infatti, il lavoro, almeno quando lo si considera in questo modo, evidentemente altro non è che una forma dell’azione, e una forma alla quale, d’altra parte, il pregiudizio “moralista” esorta ad attribuire un’importanza ancora maggiore a qualsiasi altra, essendo quella che meglio si presta a essere presentata in veste di “dovere” per l’uomo e tale da contribuire ad assicurare la sua “dignità”.
Il più delle volte a ciò si aggiunge un’intenzione nettamente antitradizionale, quella di disprezzare la contemplazione, che si finge d’assimilare all’“ozio”, mentre, al contrario, essa è in realtà l’attività più elevata che si possa concepire, e d’altronde l’azione separata dalla contemplazione non può essere che cieca e disordinata. Tutto ciò si spiega fin troppo facilmente da parte d’uomini che dichiarano, senza dubbio sinceramente, che « la loro felicità consiste proprio nell’azione », noi diremmo volentieri nell’agitazione, giacché, quando l’azione è presa così come fine a se stessa, quali che siano i pretesti “moralisti” invocati per giustificarla, essa non è davvero niente più di quello.

Contrariamente a quel che pensano i moderni, un lavoro qualsiasi, compiuto indistintamente da chiunque, e unicamente per il piacere d’agire o per la necessità di “guadagnarsi la vita”, non merita per niente d’essere esaltato, e pure non può essere considerato che come una cosa anormale, opposta all’ordine che dovrebbe reggere le istituzioni umane, al punto che, nelle condizioni della nostra epoca, arriva troppo sovente ad assumere un carattere che si potrebbe, senza esagerazione alcuna, qualificare come “infra-umano”.

Quel che i nostri contemporanei sembrano ignorare completamente, è che un lavoro non ha reale valore se non quando è conforme alla natura stessa dell’essere che lo compie, se ne risulta in modo diciamo spontaneo e necessario, sì da essere per tale natura il mezzo per realizzarsi il più perfettamente possibile.
(…)
... un lavoro, di qualunque genere possa essere d’altronde, sia quel che dev’essere, occorre anzitutto che corrisponda per l’uomo a una “vocazione”, nel vero senso della parola; e, quando è così, il profitto materiale che può legittimamente derivarne appare come un fine secondario e contingente, addirittura trascurabile di fronte a un altro fine superiore, che è lo sviluppo e come il compimento “in atto” della natura stessa dell’essere umano.

       - R. Guénon -

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