Marcantonio Bragadin
Cinquecento anni fa, venerdì
21 aprile del 1523
nasceva a Venezia
Marcantonio Bragadin.
Un eroe per alcuni, un nemico per altri; uno sconosciuto per i più.
Qualche via dedicata, pochi busti e l’anfibio dei “
Serenissimi ”
( quei secessionisti veneti che nel 1997 conquistarono il campanile di
Piazza San Marco
sbarcando dal loro “ Tanko Marcantonio Bragadin 007 ”)
Chi era allora ?
Un martire, cristiano, che con le sue scelte
consentì alla nostra storia di prendere la direzione che ci ha portato fin qui;
rinunciando alla propria vita e ricevendone le chiavi che aprono le porte
alla leggenda.
Sapete perché alcuni miti funzionano e rinascono, generazione dopo
generazione
migrando di popolo in popolo ?
Perché racchiudono elementi che l’uomo cerca da sempre nelle sue
aspirazioni,
immaginando che da qualche parte quei valori esistano.
E soprattutto che qualcuno li incarni.
[…]
Apparteneva alla nobiltà veneziana : alto, muscoloso, instancabile
nuotatore;
una folta barba e capelli mossi di un colore castano rossiccio
incastonavano occhi azzurro chiaro, limpidissimi.
Predestinato a un matrimonio aristocratico, vi rinunciò per inseguire la
donna amata,
dedicarle la vita e crescere con lei, nella fedeltà, i loro sei
figli.
Ma a ridosso del 1570
fu inviato dalla Repubblica di Venezia a Cipro come Governatore di Famagosta
e, tra atrocità, resistette all’attacco turco per 14 mesi dando il tempo al mondo cristiano
di allearsi e fermare l’avanzata ottomana nel mare di Lepanto.
Quell’isola, estremo avamposto della capitale veneta di fronte alla
Turchia
veniva rivendicata dal sultano Salim II ( figlio di Solimano il Magnifico )
e l’esperienza insegna a diffidare dei rampolli inadeguati a sostenere il
confronto coi padri.
[…]
Intorno a quella terra in mezzo all’acqua, per 14 mesi
si consumerà una delle più feroci resistenze umane che la storia abbia
conosciuto.
I turchi invieranno su quei mari quasi 250 mila uomini (come se rispetto
alla popolazione di oggi si fosse riversato un esercito di 2 milioni di
uomini). Seguiranno mesi di orrori disumani, durezze e violenze inenarrabili
e l’assedio arriverà ai titoli di coda il 31 luglio del 1571. Bragadin,
spinto dai suoi ufficiali, si piegherà a consegnare la fortezza non prima di
aver trattato una capitolazione che garantisse la salvezza dei pochi
sopravvissuti.
Si presenta al Serdar, il comandante dell’esercito turco, in alta
uniforme, ma dopo un primo approccio conviviale il clima degenera
nell’incubo: tutti i dignitari militari in sua compagnia vengono
ammazzati; il Serdar taglia, brutalmente, il suo orecchio destro e ne fa
recidere il sinistro e il naso da un suo armigero. Rinchiuso in una
gabbia, esposto al sole agostano, privato di acqua e cibo, viene lasciato
a macerarsi nelle infezioni delle sue ferite e preparato al
supplizio.
Il boia comincia a scorticarlo dalla testa, poi dalla schiena e dalle
spalle, lontano dai punti vitali. Poi passa alle braccia, al collo e infine
al ventre. A quel punto, Bragadin, trapassa, ma prima perdona i suoi
aguzzini e raccomanda la loro anima a Dio.
Il suo corpo squartato in quattro parti viene mandato agli angoli della
città, mentre la testa è alzata su una picca nella piazza. Tutto questo
non è pornografia del dolore, ma memoria umana. La pelle del Governatore
impagliata e vestita con i suoi abiti militari, viene portata a
Costantinopoli come trofeo di guerra. […]
Dopo peripezie e vicissitudini epiche le spoglie del Governatore
riusciranno a tornare a Venezia dove ancora oggi riposano nella basilica
della Serenissima Santi Giovanni e Paolo (il pantheon di Venezia). Grazie a
quei mesi di resistenza il Papa Pio V ebbe il tempo di unire i litigiosi
mondi delle Repubbliche di Venezia e di Genova al conflittuale regno di
Filippo II e dar vita alla Lega Santa che il 7 ottobre del 1571, nel mare di
Lepanto, fermò un’espansione, armata, dell’Islam che ciclicamente si
riaffaccia.
Nei giorni scorsi ho ricordato questa storia e il suo anniversario a un
primario, eminentissimo, uomo della comunicazione cattolica. Ha ascoltato
il racconto battendo il tempo, ritmicamente, con un concerto di leonini
sbadigli. Non sono un gran narratore. Ne sono consapevole, ma m’è rimasto
il solido dubbio che il Santo Padre, al mio posto, gli avrebbe rifilato un
papagno papale.
La pace è bellissima. Soprattutto se a conquistarla e difenderla è qualcun
altro.
E prima del sonno della memoria, arriva sempre ad annunciarlo lo
sbadiglio.
Per “ Quelli che ”, ricordava Jannacci
« con una bella dormita, passa tutto … anche il cancro. »
Figuriamoci le guerre e la violenza.
Estratto dell'articolo di
Luca Josi per Oggi.it
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