La contemplazione è l’espressione più alta della vita intellettuale e
spirituale dell’uomo.
È quella vita stessa,
pienamente cosciente, pienamente attiva, pienamente consapevole di essere
vita.
È prodigio spirituale.
È timore riverente, spontaneo, di fronte al carattere sacro della vita,
dell’essere.
È gratitudine per il dono della vita, della consapevolezza,
dell’essere.
È chiaro intendimento che la vita e l’essere, in noi,
derivano da una Fonte invisibile, trascendente e infinitamente
ricca.
La contemplazione è soprattutto consapevolezza della realtà di questa
Fonte...
È un prender viva coscienza
dell’Essere infinito che sta alla radice del nostro essere
limitato.
Una consapevolezza della nostra realtà contingente
come ricevuta, come dono di Dio, come un gratuito dono d’amore.
Proprio questo è quel contatto vitale di cui parliamo
quando usiamo la metafora «toccato da Dio».
La contemplazione è pure risposta a un appello: un appello di Colui che
non ha voce
ma che tuttavia parla in ogni cosa che esiste e che, soprattutto
parla nel profondo del nostro essere, poiché noi stessi siamo Sue
parole.
Siamo parole intese a corrisponderGli, a risponderGli, ad
echeggiarLo
e anche, in un certo modo, a contenerLo e a manifestarLo.
La contemplazione è questa eco.
È una profonda risonanza nel nucleo più intimo del nostro spirito
dove la nostra stessa vita perde la sua voce individuale
per vibrare della maestà e della misericordia del Nascosto e del
Vivente...
È come se, creandoci, Dio avesse posto una domanda;
e, ridestandoci alla contemplazione, Egli rispondesse a questa
domanda.
Così l’anima contemplativa è al tempo stesso domanda e risposta.
La vita contemplativa implica due gradi di consapevolezza:
primo, consapevolezza della domanda; secondo, consapevolezza della
risposta.
Benché questi due gradi siano distinti e immensamente diversi tra
loro,
pure sono coscienza di un’identica realtà.
La domanda è, essa stessa, la risposta. E noi siamo ambedue le cose.
Ma non possiamo saperlo finché non ci siamo portati al grado
superiore;
ci ridestiamo non per trovare una risposta nettamente diversa dalla
domanda,
ma per renderci conto che la domanda è risposta a se stessa.
E tutto ciò si riassume in un’unica consapevolezza:
non un’affermazione, ma una esperienza: « Io sono ».
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