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T. de Chardin :
" Basta che la Verità appaia una sola volta, in una sola mente, perché nulla possa più impedire d'invadere tutto e d'incendiare tutto "

SAPERE AUDE ! ET SI OMNES EGO NON
Possano le riflessioni di questi giorni trasformarsi in “ricordi d’oro” del tuo domani e accompagnarti ogni giorno nel cammino del Nuovo Anno.

venerdì 10 maggio 2024

Essere per la morte trascendentale

 Essere per la morte trascendentale

Che la realtà si fondi ontologicamente nell'essere dell'Esserci,
non significa che il reale
possa essere ciò che è soltanto se, e fintanto che, esiste l'Esserci.
Certamente solo finché l'Esserci è,
cioè finché è la possibilità ontica della comprensione dell'essere,
“ c'è ” essere. 
Se l'Esserci non esiste, allora non “è ” né l' “indipendenza ”, né l' “in-sé ”.
 Allora queste espressioni non sono né comprensibili né incomprensibili;
e l'ente intramondano non è né scopribile né tale da poter esser-nascosto.
Allora non si può dire né che l'ente ci sia né che non ci sia.
È invece ora, ossia fin che c'è la comprensione dell'essere
e quindi la comprensione della semplice-presenza, che si può dire
che l'ente vi sarà ancora anche allora […].
L'Esserci, in quanto costituito dell'apertura, è essenzialmente nella verità.
L'apertura è un modo di essere essenziale dell'Esserci.
C'è ” verità solo perché e fin che l'Esserci è.
L'ente è scoperto
solo quando, e aperto solo fin che, in generale, l'Esserci è.
Le leggi di Newton, il principio di non contraddizione, ogni verità in generale,
sono veri solo fin che l'Esserci è.
Prima che l'Esserci, in generale, fosse e dopo che l'Esserci, in generale, non sarà più,
non c'era e non ci sarà verità alcuna, poiché la verità, in quanto apertura,
scoprimento ed esser-scoperto non può essere senza che l'Esserci sia […].
Che ci siano delle “ verità eterne ” potrà essere concesso come dimostrato
solo se sarà stata fornita la prova che l'Esserci era e sarà per tutta l'eternità.
Finché questa prova non sarà stata fornita,
continueremo a muoverci nel campo delle fantasticherie
che non accrescono il loro credito
per il fatto d'essere generalmente “ credute ” dai filosofi.

- M. Heidegger -
Longanesi, Milano 1980


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