Alla ricerca del senso perduto
Spesso ci facciamo ingannare dallo specchio:
lo identifichiamo in quello che ci rimanda addosso la nostra immagine
... così com’è ...
piuttosto che assimilarlo nell’altro, che riflette il nostro modo di
essere
con le nostre movenze, comprensive di errori e gesti buoni...
tutti quello che da soli non riusciremmo mai a capire.
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La perdita dell’unità dell’essere è la grande malattia dell’uomo moderno
ed è la fonte delle maggiori depressioni che colpiscono i giovani
d’oggi,
perché perdendo l’unità di se stessi si perde il senso della
vita.
Da che dipende un simile processo ?
E’ noto come, col Rinascimento,
si registri un abbandono dell’universo simbolico unitario
che aveva ospitato l’uomo fino al Medioevo.
Ciò significa il distacco dai punti di riferimento
che permettono di collegare realtà molto diverse, personali e
materiali.
La fede in Dio, nella sua provvidenza, in un ordine riconosciuto di fatti e
valori,
viene progressivamente soppiantata da idee differenti di socialità,
che si avvitano in spirali d’individualismo sempre più sfrenato.
L’oggettività lascia il posto a un punto di vista arbitrario che si pone (o
contrappone)
di fronte alle altre prospettive, ugualmente precarie e
insufficienti.
Ciò si riverbera nell’arte:
tanto nitida e plastica nel richiamo a valori universali, fino al
Medioevo,
quanto ferita, lacerata, alienata, portatrice di angoscia e di disarmonia
nel contesto moderno, contemporaneo e postmoderno:
l’uomo è straniero a se stesso e al suo contesto, rifratto in mille
schegge
che impediscono di cercare o ritrovare una utopica unità dell’essere.
La persona è sola,
priva dello specchio che è Dio, di cui ha perso l’immagine e la
somiglianza,
insieme con la possibilità di riconoscersi in un altro e nell’Altro.
Lo spaesamento e la vertigine del vuoto spingono alla ricerca di altri
simboli,
che però sono lampi nel buio, incapaci di rasserenare
e fornire un qualsiasi orientamento al cammino della vita.
L’individuo isolato si aggira in labirinti senza fine,
il cui sbocco, dopo tanto vagare, è quasi sempre il nulla.
L’universo simbolico unitario
permetteva all’uomo di cogliere le infinite sfumature di ogni segno
esteriore,
di rifletterne la ricchezza e lo spessore inesauribile in linguaggi e
messaggi
che contribuivano a fare del mondo un tesoro da scoprire ogni giorno, con
stupore.
L’intelligenza tecnologica contemporanea ha respinto o perduto la capacità
di collegare,
di mettere insieme,
che è propria di uno sguardo in grado di abbracciare e contemplare la
realtà.
Isolamento, egoismo, aridità: segni di un’umanità divisa in sé stessa e dagli altri
Isolamento, egoismo, aridità: segni di un’umanità divisa in sé stessa e dagli altri
che cerca un’illusoria soluzione nella solitudine affollata dei mass
media,
in cui, come ha scritto Calvino, non c’è più nessuno che ascolti
nessuno,
anche se tutti fingono di farlo, in un delirio egocentrico
destinato a scontrarsi con la constatazione del fallimento
esistenziale.
L’universo privo di Dio rimanda un suono metallico e stridente,
che turba le notti insonni dell’uomo che ha perduto l’unità, la verità,
l’amore.
La soluzione può trovarsi solo in una rinnovata possibilità di collegare
l’io al mondo,
la coscienza alla realtà.
- F. Centofanti -
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