Ignoranza massiva
La massa ignora verità a tal punto ovvie, perciò ama i potenti e li
invidia,
disprezza e compatisce gli oppressi,
e difficilmente immagina il teschio sotto il volto, il fiore in boccio
sopra il teschio sotto terra,
unico uso legittimo della facoltà immaginativa.
Ogni potere e ogni oppressione paiono alla massa eterni
e finché le si appartiene, non è dato di comprendere
come sia la medesima forza malefica a esaltarci nella buona
sorte e a deprimerci nell'avversa.
Viceversa chi si separi dal volgo per contemplare questi archetipi,
per immaginare dietro a ogni cosa il suo opposto, ottiene vari e strani
compensi.
Uno, addirittura vertiginoso, è la rivelazione che nulla si può
raggiungere
se non attraverso il suo contrario: la libertà solo sotto il giogo delle
norme,
la felicità in grazia della disciplina, il potere in virtù
dell'umiliazione.
Gli esseri separati per eccellenza, i monaci, si flagellano, digiunano,
vegliano,
sapendo che per tali vie si perviene a una garantita letizia.
Gli acrobati tendono dolorosamente le membra per renderle flessuose e
indolori.
I saggi si ritirano nella solitudine e nel silenzio per apprendere le
leggi della società.
I greci esprimevano queste verità
insegnando a guardarsi dall'invidia o a dare ostracismi per tempo;
i romani sapevano che non si doveva andare in trionfo senza scorta di
buffone;
i cinesi arcaici prima d'un assalto mandavano avanti una pattuglia di
suicidi
e la vista del sangue volontariamente sparso agghiacciava o squilibrava
il nemico.
L'avvedutezza massima consiglia di non esporsi nonché all'invidia,
addirittura alla vista,
e presso certe tribù algerine è uso velarsi la faccia per rendersi
maestosi e inaccessibili.
Coloro che siedono su troni o cattedre sono capri espiatori,
i sapienti preferiscono travestirsi da oppressi, da mezzi morti.
Il re splendente d'oro e il sacerdote mortificato dalla sua nera
veste
sono i poli dell'ordine sociale, e dei due è il nero la vera
potenza,
l'opposto dell'oro visibile.
- Elémire Zolla -
Gli arcani del potere
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Il tema del libro da cui è ripreso il brano
riguarda la paranoia in cui è costretta a svolgersi la ragione umana
una volta liberata da ogni tutela metafisica:
con l'èra dei totalitarismi e dell'industria culturale,
il sogno di libertà e prosperità degli inizi dell'illuminismo si svela un
incubo letale.
L'uomo che ha voluto sottomettere la natura diventa schiavo d'un apparato
cieco,
un atomo sociale votato all'inganno o alla disperazione:
la scienza non è liberatoria perché vive dell'accecamento verso tutto ciò
che esclude.
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