Uomo
è una definizione ambigua ?
L’“uomo”, inteso in questo senso del tutto nuovo,
è l’intenzione e il gesto della “trascendenza” stessa
[…]
Questi è solo un “infra”, una “frontiera”, un “passaggio”,
un “apparire di Dio nel corso della vita”, e un’eterna “trascendenza della vita stessa”
[…]
Il fuoco, la passione di trascendersi – si chiami la méta,
“superuomo” o “Dio” -
costituisce l’unica sua vera umanità
[…]
Per quanto mi concerne, io rifiuto ambedue queste teorie,
nell’atto di affermare che l’essenza dell’uomo,
insieme con quella che possiamo definire la sua “posizione particolare”,
trascendono ciò che chiamiamo intelligenza e facoltà di scelta,
e non possono essere intese,
neanche aumentando queste due facoltà quantitativamente
all’infinito.
Ma sarebbe altrettanto sbagliato considerare quell’elemento nuovo che
rende l’uomo tale, esclusivamente come un grado essenziale […] di quella
facoltà e funzioni
pertinenti alla sfera psichica e vitale,
e il cui studio rientrerebbe nell’ambito della psicologia e della
biologia.
Il principio nuovo
si trova fuori da tutto ciò che noi possiamo definire nel senso più lato come
“vita”.
Ciò che fa sì che l’uomo sia veramente “uomo”, non è un nuovo stadio
della vita
- e neppure una delle sue manifestazioni, la “psiche” -
ma è un principio opposto a ogni forma di vita in generale e anche alla
vita dell’uomo:
un fatto essenzialmente e autenticamente nuovo che come tale
non può essere ricondotto alla “evoluzione naturale della vita”;
ma semmai,
solo al fondamento ultimo delle cose stesse: a quello stesso fondamento
dunque,
di cui “vita” non è che una manifestazione
[…]
La caratteristica fondamentale di un essere spirituale,
qualunque possa essere la sua costituzione psico-fisica,
consiste nella sua emancipazione esistenziale da ciò che è organico,
nella sua libertà, nella capacità che esso, o meglio il centro della
sua esistenza,
ha di svincolarsi dal potere, dalla pressione, dal legame
con quanto è organico,
dal legame con la “vita” e con quanto essa abbraccia, e quindi
altresì
dal legame con la propria “intelligenza” ancora sottomessa alla
tendenza.
Un essere “spirituale” non più legato alla tendenza e
all’ambiente,
ne è “libero”, e perciò “aperto al mondo”;
un essere siffatto possiede un suo “mondo”,
ed è altresì capace di trasformare quei centri di “resistenza” e
di reazione del suo ambiente,
che originariamente anch’egli possiede in “oggetti”
(i soli per l’animale che vi è immerso extaticamente)
[…]
Solo l’uomo, in quanto persona,
è in grado di elevarsi al di sopra di se stesso come essere
vivente,
e, partendo da un centro che trascenda il suo mondo spazio-temporale,
è in grado di trasformare ogni cosa, compreso se stesso, in oggetto di conoscenza.
Così l’uomo, come essere spirituale,
è posto al di sopra del suo stesso essere vitale e del mondo.
- Max Scheler -
Estratto da: La posizione dell’uomo nel cosmo
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