Realtà e coscienza
La realtà è coscienza
ma, nel momento in cui riflettiamo sull'affermazione
siamo costretti a separarle.
Questo perché la nostra mente funziona sul principio della separazione:
per pensare a qualcosa devo separarla.
Se penso a me stesso, devo separare l'esistenza in " io " e
" non io ".
La coscienza non prevede alcuna separazione, quindi,
nella sua essenza non può essere pensata.
Al contrario, possiamo essere coscienti dello stare pensando.
Certo, posso dire "coscienza" e farmi un'idea di cosa sia.
Ma è come se guardassi la nuvoletta di un fumetto o la parola
"pensiero".
La nuvoletta e la parola la vedo con gli occhi, il pensiero no.
Mentre, al contrario, posso pensare alla vista.
Poiché il pensiero rappresenta la realtà,
non può coincidere con essa in quanto rappresentazione.
Come lo Zen quando dice che il dito che indica la luna non è la luna,
o la PNL che afferma che la mappa non è il territorio.
Dunque la realtà è una, ma è anche molti, così come un
ologramma
il quale mantiene la figura originale in tutti i suoi frammenti.
Ma non è proprio così in quanto più piccolo è il frammento
tanto peggiore
sarà la risoluzione con cui viene rappresentata in esso la figura intera.
Quindi la realtà che esprime un frammento di coscienza
avrà una "risoluzione peggiore" della Coscienza Una,
vi saranno cioè imprecisioni che nella Coscienza Una non vi sono.
La letteratura occultistica chiama Macrocosmo la coscienza Una
e Microcosmo l'individuo.
E questa sua natura di essere una-e-molti
è proprio ciò che non riusciamo a pensare:
nel nostro pensiero, l'uno esclude i molti e viceversa.
Una e molti nello spazio, ma anche nel tempo.
Vi sono tanti istanti, come tanti fotogrammi,
eppure sono tutti nel presente, che è uno.
Sarebbe inutile descrivere ciò che il pensiero non può cogliere
se non ci fosse quel ponte, che è l'intuizione
che mette in connessione la coscienza, ovvero la realtà, con il pensiero
ovvero, con una forma che la rappresenti.
La mente, probabilmente, si pone subito questa domanda:
" Ma se la realtà è quella che creo-percepisco con la mia coscienza,
qual è la realtà degli altri che incontro ? "
La risposta a questa domanda è una vera e propria iniziazione.
Perché se gli altri che vedo sono creati da me, è come se fossi in un sogno,
di conseguenza, non avrebbero una realtà propria.
D'altra parte se gli altri hanno una realtà separata,
come posso io comunicare con loro ?
Cosa è in grado di attraversare questa separazione ?
Perché, se guardo un albero rigoglioso, ho una bella sensazione
e se guardo un albero rinsecchito no ?
Cosa c'entra l'albero con le sensazioni che provo ?
Insomma siamo portati a credere, ed è utile che sia così,
che se gli altri fossero creati da me, allora non esisterebbero.
E se fossi invece "io" a non esistere ?
Se la risoluzione del frammento di coscienza che esprime la mia realtà
fosse così limitata da farmi avere un abbaglio, tale da farmi credere
che io sia quel che " penso " di essere ?
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