La leggenda del Grande Inquisitore
    Nel romanzo il racconto è messo in bocca ad Ivàn Karamazov
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
        
      
      
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    
      
    
    - F. M. Dostoevskij -
    
        
      
    
  
      
      ____________________________________________________________________
      
    
    
      La mia azione si svolge in Spagna, a Siviglia, al tempo più pauroso
        dell'inquisizione
    
    
      quando ogni giorno nel paese ardevano i roghi per la gloria di
        Dio
    
    
      e con grandiosi autodafé si bruciavano gli eretici.
    
    
      Oh, certo, non è cosi che Egli scenderà, secondo la Sua promessa,
    
    
      alla fine dei tempi, in tutta la gloria celeste, improvviso
    
    
      " come folgore che splende dall'Oriente all'Occidente ".
    
    
      No, Egli volle almeno per un istante visitare i Suoi figli
    
    
      proprio là dove avevano cominciato a crepitar i roghi degli
        eretici
    
    
      Nell'immensa Sua misericordia, Egli passa ancora una volta fra gli
        uomini
    
    
      in quel medesimo aspetto umano col quale era passato per tre anni in
        mezzo agli uomini
    
    
      quindici secoli addietro.
    
    
      Egli scende verso le " vie roventi " della città
        meridionale,
    
    
      in cui appunto la vigilia soltanto, in un "
        grandioso autodafé ",
    
    
      alla presenza del re, della corte, dei cavalieri, dei cardinali
    
    
      e delle più leggiadre dame di corte, davanti a tutto il popolo di
        Siviglia,
    
    
      il cardinale grande inquisitore aveva fatto bruciare in una
        volta,
    
    
      ad majorem Dei gloriam, quasi un centinaio di eretici.
    
    
      Egli è comparso in silenzio, inavvertitamente,
    
    
      ma ecco - cosa strana - tutti Lo riconoscono.
    
    
    
      Spiegare perché Lo riconoscano, 
    
    
      potrebbe esser questo uno dei più bei passi del poema. 
    
    
      Il popolo è attratto verso di Lui da una forza
        irresistibile, 
    
    
      Lo circonda, Gli cresce intorno, Lo segue. 
    
    
      Egli passa in mezzo a loro silenzioso, con un dolce sorriso d'infinita
        compassione. 
    
    
      Il sole dell'amore arde nel Suo cuore, 
    
    
      i raggi della Luce, del Sapere e della Forza si sprigionano dai Suoi
        occhi 
    
    
      e, inondando gli uomini, ne fanno tremare i cuori in una rispondenza
        d'amore. 
    
    
      Egli tende loro le braccia, li benedice e dal contatto di
        Lui, 
    
    
      e perfino dalle Sue vesti, emana una forza salutare. 
    
    
      Ecco che un vecchio, cieco dall'infanzia, grida dalla folla
        : 
    
    
      "
        Signore, risanami, e io Ti vedrò
        ", 
    
    
      ed ecco che cade dai suoi occhi come una scaglia, e il cieco Lo
        vede.
Il popolo piange e bacia la terra dove Egli passa … Il popolo si agita, grida, singhiozza;
ed ecco in questo stesso momento passare accanto alla cattedrale, sulla piazza,
il cardinale Grande Inquisitore in persona.
      
È un vecchio quasi novantenne,
alto e diritto, dal viso scarno, dagli occhi infossati, ma nei quali,
come una scintilla di fuoco, splende ancora una luce …
Ha visto tutto …
    
      Il popolo piange e bacia la terra dove Egli passa … Il popolo si agita, grida, singhiozza;
ed ecco in questo stesso momento passare accanto alla cattedrale, sulla piazza,
il cardinale Grande Inquisitore in persona.
È un vecchio quasi novantenne,
alto e diritto, dal viso scarno, dagli occhi infossati, ma nei quali,
come una scintilla di fuoco, splende ancora una luce …
Ha visto tutto …
        Aggrotta le sue folte sopracciglia bianche e il suo sguardo brilla di
        una luce sinistra.
      
      
        Egli allunga un dito e ordina alle sue guardie di afferrarlo.
      
      
        Le guardie conducono il Prigioniero sotto le volte di un angusto e cupo
        carcere
      
      
        nel vecchio edificio del Santo Uffizio e ve Lo rinchiudono.
      
      
        Passa il giorno, sopravviene la scura, calda, " afosa " notte di
        Siviglia.
      
      
        L'aria " odora di lauri e di limoni "
      
      
        In mezzo alla tenebra profonda si apre a un tratto la ferrea porta del
        carcere,
      
      
        e il Grande Inquisitore in persona con una fiaccola in mano
      
      
        lentamente si avvicina alla prigione.
      
      
        È solo, la porta si richiude subito alle sue spalle.
      
      Egli si ferma sulla soglia
 
      e considera a lungo, per uno o due minuti, il volto di Lui.
    
    
      Infine si accosta in silenzio, posa la fiaccola sulla tavola e Gli dice
        :
    
    
      " Sei Tu, sei Tu ? "
    
    
      Ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente :
    
    
      " Non rispondere, taci.
    
    
      E che potresti dire ? So troppo bene quel che puoi dire. 
    
    
      Del resto, non hai il diritto di aggiunger nulla a quello che Tu già dicesti una volta. 
    
    
      Perché sei venuto a disturbarci ? 
    
    
      Sei infatti venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. 
    
    
      Ma sai che cosa succederà domani ? 
    
    
      lo non so chi Tu sia,
    
    
      e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza,
    
    
      ma domani stesso io Ti condannerò 
    
    
      e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli
          eretici, 
    
    
      e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi 
    
    
      si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai
          ? 
    
    
      Si, forse Tu lo sai " 
    
    
      aggiunse, profondamente pensoso, 
    
    
      senza staccare per un attimo lo sguardo dal suo Prigioniero.
    
    
      " Non dicevi Tu allora spesso
      : " Voglio rendervi liberi ? ".
    
    
      Ebbene, adesso Tu li ha veduti, questi uomini
        " liberi "
    
    
      - aggiunge il vecchio con un pensoso sorriso -
    
    
      Si, questa faccenda ci è costata cara,
    
    
      - continua, guardandolo severo -
    
    
      ma noi l'abbiamo finalmente condotta a termine, in nome
          Tuo. 
    
    
      Per quindici secoli ci siamo tormentati con questa
          libertà, 
    
    
      ma adesso l'opera è compiuta e saldamente compiuta. 
    
    
      Non credi che sia saldamente compiuta
      ? 
    
    
      Tu mi guardi con dolcezza e non mi degni neppure della Tua
          indignazione
      ? 
    
    
      Ma sappi che adesso, proprio oggi, 
    
    
      questi uomini sono più che mai convinti di essere perfettamente
          liberi, 
    
    
      e tuttavia ci hanno essi stessi recato la propria
          libertà, 
    
    
      e l'hanno deposta umilmente ai nostri piedi. 
    
    
      Questo siamo stati noi ad ottenerlo, 
    
    
      ma è questo che Tu desideravi, è una simile libertà
      ? "
    
    
      " lo tomo a non comprendere -
      interruppe Aljòsa -
      egli fa dell'ironia, scherza ?
      "
    
    
      Niente affatto. Egli fa un merito a sé ed ai suoi
    
    
      precisamente di avere infine soppresso la libertà
    
    
      e di averlo fatto per rendere felici gli uomini.
    
    
      "
      Ora infatti per la prima volta
    
    
      ( egli parla, naturalmente, dell'inquisizione )
    
    
      è diventato possibile pensare alla felicità umana.
    
    
      L'uomo fu creato ribelle; possono forse dei ribelli essere felici
        ?
    
    
      Tu eri stato avvertito - Gli
      dice -
      avvertimenti e consigli non Ti erano mancati,
    
    
      ma Tu non ascoltasti gli avvertimenti.
    
    
      Tu ricusasti l'unica via per la quale si potevano render felici gli
          uomini,
    
    
      ma per fortuna, andandotene, rimettesti la cosa nelle nostre
          mani.
    
    
      Tu ci hai promesso, Tu ci hai con la Tua parola confermato,
    
    
      Tu ci hai dato il diritto di legare e di slegare,
    
    
      e certo non puoi ora nemmeno pensare a ritoglierci questo
          diritto.
    
    
      Perché dunque sei venuto ?
    
    
      Sai Tu che passeranno i secoli
    
    
      e l'umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua
          scienza
    
    
      che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato,
    
    
      ma che ci sono soltanto degli affamati
        ? " Nutrili e poi chiedi loro la virtù ! "
    
    
      Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi !
    
    
      Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi,
    
    
      ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per
          dirci :
    
    
      " Riduceteci piuttosto in schiavitù ma sfamateci ! "
    
    
      " Comprenderanno infine essi stessi
    
    
      che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro
          inconciliabili,
    
    
      giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro !
    
    
      Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser
          liberi,
    
    
      perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. 
    
    
      ... Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per diventar
          docili.
    
    
      Essi ci ammireranno e ci terranno in conto di dèi
    
    
      per avere acconsentito, mettendoci alla loro testa,
    
    
      ad assumerci il carico di quella libertà che li aveva
          sbigottiti
    
    
      e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di esser liberi !
    
    
      Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo.
    
    
      Li inganneremo di nuovo, perché allora non Ti lasceremo più
          avvicinare a noi.
    
    
      E in quest'inganno starà la nostra sofferenza, poiché saremo
          costretti a mentire.
    
    
      Ecco ciò che significa quella domanda che Ti fu fatta nel
          deserto,
    
    
      ed ecco ciò che Tu ricusasti in nome della libertà, da Te collocata
          più in alto di tutto.
    
    
      In quella domanda tuttavia si racchiudeva un grande segreto di questo
          mondo.
    
    
      Acconsentendo al miracolo dei pani,
    
    
      Tu avresti dato una risposta all'universale ed eterna ansia
          umana,
    
    
      dell'uomo singolo come dell'intera umanità :
    
    
      " Davanti a chi inchinarsi ? "
    
    
      "
        Non c'è per l'uomo rimasto libero più assidua e più tormentosa cura
    
    
      di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi.
    
    
      Ma l'uomo cerca di inchinarsi a ciò che già è incontestabile, tanto
          incontestabile,
    
    
      che tutti gli uomini ad un tempo siano disposti a venerarlo
          universalmente.
    
    
      Perché la preoccupazione di queste misere creature
    
    
      non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell'uomo si
          inchini,
    
    
      ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino,
    
    
      e precisamente tutti insieme.
    
    
      E questo bisogno di comunione nell'adorazione
    
    
      è anche il più grande tormento di ogni singolo, come dell'intera
          umanità,
    
    
      fin dal principio dei secoli.
    
    
      È per ottenere quest' adorazione universale
    
    
      che si sono con la spada sterminati a vicenda.
    
    
      Essi hanno creato degli dèi e si sono sfidati l'un l'altro :
    
    
      " Abbandonate i vostri dèi
    
    
      e venite ad adorare i nostri, se no guai a voi e ai vostri dèi ! "
    
    
      .
          E cosi sarà fino alla fine del mondo,
    
    
      anche quando gli dèi saranno scomparsi dalla terra : non
          importa,
    
    
      cadranno allora in ginocchio davanti agli idoli. "
    
    
      " Tu conoscevi,
    
    
      Tu non potevi non conoscere questo fondamentale segreto della natura
          umana,
    
    
      ma Tu rifiutasti l'unica irrefragabile bandiera che Ti si
          offrisse
    
    
      per indurre tutti a inchinarsi senza discussione dinanzi a Te
    
    
      … Tu volesti il libero amore dell'uomo, perché Ti seguisse
          liberamente,
    
    
      attratto e conquistato da Te.
    
    
      In luogo di seguire la salda legge antica,
    
    
      l'uomo doveva per l'avvenire decidere da sé liberamente,
    
    
      che cosa fosse bene che cosa fosse male,
    
    
      avendo dinanzi come guida la sola Tua immagine;
    
    
      ma non avevi Tu pensato che,
    
    
      se lo si fosse oppresso con un cosi terribile fardello come la
          libertà di scelta,
    
    
      egli avrebbe finito per respingere e contestare
    
    
      perfino la Tua immagine e la Tua verità
        ? "
    
    
      " …
        Sappi che io non Ti temo. Sappi che anch'io fui nel deserto,
    
    
      che anch'io mi nutrivo di cavallette e di radici,
    
    
      che anch'io benedicevo la libertà di cui Tu letificasti gli
          uomini,
    
    
      che anch'io mi ero preparato ad entrare nel numero dei Tuoi
          eletti,
    
    
      nel numero dei potenti e dei forti, con la brama di " completare
        il numero ".
    
    
      Ma mi ricredetti e non volli servire la causa della follia.
    
    
      Tornai indietro
    
    
      e mi unii alla schiera di quelli che hanno corretto l'opera
          Tua.
    
    
      Lasciai gli orgogliosi e tornai agli umili per la felicità di questi
          umili.
    
    
      Ciò che Ti dico si compirà e sorgerà il regno nostro. "
    
    
      "
        Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge
    
    
      gettarsi al primo mio cenno ad attizzare i carboni ardenti del
          rogo
    
    
      sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci.
    
    
      Perché se qualcuno più di tutti ha meritato il nostro rogo, sei
          Tu.
    
    
      Domani Ti arderò.
      Dixi ! "
    
    
      Ivàn, si fermò. Egli si era accalorato e aveva parlato con fervore;
    
    
      quando poi ebbe finito, fece improvvisamente un sorriso. 
    
    
      Aljòsa, che l'aveva sempre ascoltato in silenzio e verso la fine,
    
    
      in preda a straordinaria agitazione,
    
    
      molte volte aveva voluto interrompere il discorso del fratello,
    
    
      ma si era visibilmente trattenuto,
    
    
      si mise d'un tratto a parlare, come scattando :
    
    
      " Ma... è un assurdo
      ! " - esclamò, arrossendo.
    
    
      "
          Il tuo poema è l'elogio di Gesù e non la condanna ... come tu
          volevi.
E come termina il tuo poema ? "
    E come termina il tuo poema ? "
      lo volevo finirlo cosi : l'Inquisitore, dopo aver taciuto,
    
    
      aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda.
    
    
      Il Suo silenzio gli pesa.
    
    
      Ha visto che il Prigioniero l'ha sempre ascoltato,
    
    
      fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante
    
    
      e non volendo evidentemente obiettar nulla.
    
    
      Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile.
    
    
      Ma Egli tutto a un tratto
    
    
      si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra
      novantenni.
    
    
      Ed ecco tutta la Sua risposta.
    
    
      Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito;
    
    
      egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice :
    
    
      "
      Vattene e non venir più ... non venire mai più ... mai più
      ! "
      
    
    
    
      Lo lascia andare per " le vie oscure della città ".
    
    
      Il Prigioniero si allontana. 
    
    
      E il vecchio ? 
    
    
      Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea.
    
    
      I fratelli Karamazov
    
    
      Garzanti, Milano, 1979
    
    
      voI. I  pagg. 263 e 282
    
    
     
    
      " Sono quello che nessuno si aspetta chi sia colui che bussa "
    
     
      

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