Fragilità
La fragilità fa parte della vita
ne è una delle strutture portanti, una delle radici ontologiche.
[…]
Ma come definire la fragilità nella sua radice fenomenologica ?
Fragile è una cosa (una situazione) che facilmente si rompe
e fragile è un equilibrio psichico (un equilibrio emozionale) che facilmente si frantuma.
Ma fragile è anche una cosa che non può essere se non fragile :
questo essendo il suo destino.
La linea della fragilità è una linea oscillante e zigzagante
che lambisce e unisce aree tematiche diverse :
talora, almeno apparentemente, le une lontane dalle altre.
Sono fragili, e si rompono facilmente
non solo quelle che sono le nostre emozioni e le nostre ragioni di vita
le nostre speranze e le nostre inquietudini, le nostre tristezze
e i nostri slanci del cuore.
Ma sono fragili, e si dissolvono facilmente, anche le nostre parole
con cui vorremmo aiutare chi sta male
e le parole che desidereremmo dagli altri quando siamo noi a stare male.
Sono fragili, sono vulnerabili, esperienze di vita alle quali talora nemmeno pensiamo
come sono le esperienze della timidezza e della gioia, del sorriso e delle lacrime
del silenzio e della speranza, della vita mistica ;
ma ci sono umane situazioni di vita che ci rendono fragili, o ancora più fragili
dilatando in noi il male di vivere
e sono le malattie del corpo e quelle dell’anima
ma anche la condizione anziana quando sconfitti
in particolare, negli abissi della malattia estrema : il morbo di Alzheimer.
Sono situazioni di grande fragilità interiore
che la vita, la noncuranza e l’indifferenza
e anche solo la distrazione e la leggerezza altrui
accrescono e straziano.
Come non riconoscere (così) nell’area semantica e simbolica, espressiva ed esistenziale
della fragilità gli elementi costitutivi della condizione umana ?
Cosa sarebbe la “condition humaine” stralciata dalla fragilità e dalla sensibilità
dalla debolezza e dalla instabilità, dalla vulnerabilità e dalla finitudine
e insieme dalla nostalgia e dall’ansia di un infinito anelato e mai raggiunto ?
Come non distinguere, in particolare, la fragilità come grazia, come linea luminosa della vita
che si costituisce come il nocciolo tematico di esperienze fondamentali di ogni età della vita
dalla fragilità come ombra, come notte oscura dell’anima
che incrina le relazioni umane e le rende intermittenti e precarie
incapaci di tenuta emozionale e di fedeltà.
Esperienza umana anche questa, che resiste limpida e stellare al passare del tempo
e alla corrosione che il tempo rischia sempre di trascinare con sé ?
La fenomenologia della fragilità
non può fare a meno di una riflessione preliminare
sulla sua natura di esperienza interpersonale.
La fragilità è il nostro destino, certo
ma essa nasce, si svolge e si articola
in una stretta correlazione con l’ambiente in cui viviamo
e cioè con gli altri da noi.
La coscienza della nostra fragilità, della nostra debolezza e della nostra vulnerabilità
( sono definizioni, in fondo, intercambiabili )
rende difficili e talora impossibili le relazioni umane :
siamo condizionati dal timore di non essere accettati, e di non essere riconosciuti
nelle nostre insicurezze e nel nostro bisogno di ascolto, e di aiuto.
La nostra fragilità
è radicalmente ferita dalle relazioni che non siano gentili e umane
ma fredde e glaciali
o anche solo indifferenti e noncuranti.
Non siamo nomadi chiuse, e assediate
ma siamo invece, vorremmo disperatamente essere
nomadi aperte alle parole e ai gesti di accoglienza degli altri ;
e quando questo non avviene
le dinamiche relazionali si fanno oscure e arrischiate :
dilatando fatalmente le nostre fragilità e le nostre ferite
le nostre insicurezze e le nostre debolezze, le nostre vulnerabilità.
estratto da
- Eugenio Borgna -
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