Il vecchio e il viandante
Un vecchio sedeva all’ombra di un grosso albero
davanti ad una grotta che da tempo immemorabile era la sua dimora.
Nonostante la solitudine, aveva conservato modi gentili
nei confronti di chi di tanto in tanto transitava sulla polverosa strada
che poco più sotto,
lasciata alle spalle l’antica città, volgeva dritta verso oriente.
Un tempo, gli eserciti cristiani diretti in Terra Santa erano passati da
li.
Dopo di che, solo qualche piccola carovana, o qualche avventuriero in
cerca di fortuna,
aveva fatto la sua fugace comparsa.
La vegetazione rigogliosa
cercava anno dopo anno di rimarginare quella che dall’alto
sarebbe apparsa come una vecchia cicatrice nel fianco della
collina,
riconquistando con caparbi arbusti gran parte della carreggiata.
Erano trascorsi molti giorni, se non mesi,
dall’ultimo umano che era giunto sin li più morto che vivo,
ed il vecchio, che da tempo godeva fama di saggio e guaritore,
lo aveva probabilmente sottratto alla morte,
quando ormai la febbre e i bubboni di una mortale malattia
stavano per avere il sopravvento sul suo corpo.
Erano tempi in cui quelle contrade ormai deserte erano state ulteriormente devastate
da quella nuova piaga che aveva decimato la popolazione
forse più di quanto avessero fatto le guerre.
Senza curarsi di un possibile contagio
aveva guarito miracolosamente ciò che restava di quell’essere umano
e quella incredibile guarigione e il veloce ristabilirsi che ne
seguì
avrebbero potuto far correre grossi rischi al vecchio
se la notizia di quel prodigio fosse giunta alle orecchie
sbagliate.
Tanti poveri innocenti, soprattutto donne, giovani e vecchie
erano saliti sul rogo con l’accusa di stregoneria, cercando di
esorcizzare la malattia
immolando un capro espiatorio.
Ma probabilmente, l’alone di mistero che circondava il saggio
oltre a suscitare venerazione in chi lo conosceva, incuteva rispetto e
timore.
E come succede in questi casi poi
la leggenda ne aveva fatto un essere soprannaturale contro cui era meglio
non schierarsi.
Del resto, fosse vero o no, che come diceva qualcuno
fosse in grado di volare, di scomparire o di lanciare maledizioni
mortali
era sicuramente un essere singolare
ed anche il più stolto degli uomini, solamente guardandolo negli
occhi
avrebbe intuito che quella luce particolare, brillava di un’intensità
sconcertante
che costringeva anche il più audace ad abbassare lo sguardo.
Un rumore di passi strascicati ed incerti
interruppe lo stridulo canto delle cicale in quel primo pomeriggio
d’estate.
L’uomo affannato e sudato che comparve, si rivolse al vecchio senza
preliminari :
" Posso sedermi anch’io all’ombra del tuo albero ? ”
chiese con voce incapace di dissimulare l’aridità della sua gola.
Il vecchio senza rispondere si alzò e sparì dentro la caverna
ricomparendo poco dopo con una brocca d’acqua fresca che porse al
viandante.
Poi, in risposta alla domanda, dopo un tempo che era parso interminabile,
disse :
“
Chi sono io per negarti l’ombra di un albero, né l’una, né l’altro mi
appartengono.
”
L’uomo bevve avidamente
sentendo ogni cellula del suo corpo pervasa di nuova energia, poi disse
:
“
Grazie per l’acqua e scusa se non mi sono presentato, io sono Simone
un viandante che cerca la verità.
Mentre tu lo so, sei il vecchio saggio che abita nella grotta.
Già alcuni giorni fa, più di una persona che ho incontrato
a cui avevo chiesto indicazioni per il mio cammino, mi aveva parlato
di te.
Anche in città tutti ti conoscono
ma ho l’impressione che la tua fama si sia spinta ben oltre, non è
così ?
”
“
Io abito nella grotta, e questo è vero, il resto l’hai detto tu.
Dimmi piuttosto, dov’è che pensi di trovare la verità ? ”
L’uomo esitò un attimo, poi rispose :
“
Già da tempo vado errando senza alcun successo, ma da qualche parte
deve pur esserci
e se c’è io la troverò, dovessi anche vagare così per il resto dei miei
giorni. ”
Passarono lunghi minuti di silenzio
durante i quali il vecchio sembrò soppesare la risposta del suo
interlocutore, poi chiese :
“
Dunque attraverserai Paesi, vedrai genti con usanze e costumi
diversi
conoscerai il freddo delle montagne innevate ed il torrido caldo dei
deserti
respirerai la brezza del mare e ne affronterai le tempeste; pianure,
colline, foreste, fiumi
e poi mari, e poi ancora deserti, e quando infine, dopo anni, tornerai
qui
pensi davvero di potermi dire che l’hai trovata ? ”
Il giovane perplesso, replicò chiedendo a sua volta :
“
Tu allora la cerchi qui la verità, senza mai muoverti da questa caverna
? ”
“ Che bisogno ho di muovermi ” disse il vecchio
“ per cercare ciò che già posseggo ? ”
“ E dov’è che l’hai trovata ? ” disse l’altro
“ o è un segreto che non puoi svelarmi ? ”
“ Io non ho segreti "
rispose
“ avere, possedere poi, sono concetti che non fanno più parte della mia
esistenza;
non ho neppure un nome, un qualcosa in cui identificarmi
anche se a chi mi conosce piace chiamarmi il saggio, il vecchio saggio,
o l’eremita;
il poco o il tanto che ho posseduto è stato solo un peso nella mia
vita
e non è servito altro che a limitare le mie azioni e le mie scelte
e a rendere difficile discernere il vero dal falso. Ora l’unica cosa che mi è rimasta
è questo corpo logoro a cui da tempo sono pronto a rinunciare. Tu non mi crederai
ma questi orecchi hanno udito abbastanza, questi occhi hanno visto
abbastanza
e tutt’ora vedono ancora cose meravigliose
come il sole che accende i colori di questa nostra terra
o la luna e le stelle che magicamente rischiarano queste notti
in cui i suoni della vita che scorre prendono il sopravvento
e tutto sembra diverso e irreale e pur sempre incredibilmente bello.
La notte, seduto qui davanti alla mia vecchia dimora, ascolto e
guardo
ed ogni volta, tutto ciò che mi circonda, mi fa sentire il bambino
appena venuto al mondo
che si sforza di capire, di interpretare gli innumerevoli suoni.
Ogni mattina, ogni alba di questa mia vita, raggiungo il fiume pochi
passi qui sotto
e la sua voce mi giunge come lo scorrere eterno del tempo
a far sembrar vera questa nostra illusione di noi piccoli
esseri
ed ogni volta cado nella sua trappola suadente
come chi ascolta il canto delle sirene o delle ninfe delle acque.
Con i miei occhi vecchi e stanchi vedo ancora lo scorrere
della vita
nei pesci argentati che guizzano nella corrente
negli uccelli padroni dell’aria che popolano questo spicchio di
cielo.
Con quello che ho visto ed ancora vedo, potrei parlare e
meravigliarti
e forse tenerti qui per giorni, ma al momento di riprendere il
cammino
troveresti inutile questa tua sosta.
Allora io ti dico, non posso regalarti la mia verità, che come un
vestito
potrebbe sembrarti troppo stretto o abbondante e oltretutto ogni
giorno diverso.
Ma la sete che ti ha spinto a cercare faticosamente
ciò che forse neppure in mille anni avresti potuto trovare, ti ha
condotto infine qui.
Forse da sempre era scritto, come da sempre nel destino di un uomo
che cerca
di incontrare un vecchio che possa indicargli la via. Cerca dentro te stesso. ”
disse infine.
E le parole rimasero un attimo sospese nell’aria, quasi a volersi
materializzare
a voler lasciar segno in quella roccia vecchia come la terra.
Poi, vedendo la perplessità e l’incredulità nella faccia del suo
interlocutore, aggiunse :
“ Sono stato anch’io un viandante, in un certo senso.”
E quelle parole sembrarono trasportarlo lontano nel tempo.
“
E non nego l’immensità delle esperienze che ho fatto nel mio
vagabondare
né posso dire che non mi hanno aiutato nel mio intento, ma a niente
tutto ciò sarebbe servito
se finalmente non avessi rivolto lo sguardo dentro di me, e quando poi l’ho fatto
un mondo ancora più misterioso è apparso ai miei occhi cechi ed
increduli
che tanto avevano cercato e scrutato nelle contrade più lontane
senza mai sospettare di essere sempre stato così vicino alla meta.
Ma non vorrei deluderti o spaventarti, o peggio ancora condurti fuori
strada
se ti dico che quello è stato il primo passo
perché la nostra è una via che ha inizio ma non ha una fine
e la verità che tu cerchi e che io stesso continuo a cercare
è come il fiume che scorre : quell’acqua che vedi passare non è mai
la stessa.
”
Seguì un lungo silenzio durante il quale il vecchio sembrò sprofondare
nei suoi pensieri
come gravato dal peso di ciò che aveva appena detto.
Mentre Simone, pur non avendo compreso appieno le parole del saggio
capì che dentro di se qualcosa era cambiato.
Quando il sole scomparve dietro le colline e a poco a poco il cielo si
tinse di rosso fuoco
si accorse di essere stanco, ed il cammino percorso quel giorno
anche se più breve del solito, gli parve essere stato notevolmente più
lungo.
Il vecchio, come ad interpretare i suoi pensieri, disse :
“
Puoi rimanere se vuoi questa notte o per tutto il tempo che
vorrai.
La tua presenza non mi dispiace
anche se ormai da tempo la solitudine non è più una cattiva
compagna.
La notte, come si dice, porta consiglio e domani conoscerai il da
farsi. ”
Nell’ampia caverna, i due divisero un duro pezzo di pane e poca carne
salata.
Il fuoco danzante rischiarava i due volti, e l’uno era il tempo e l’altro
la speranza.
E Simone sognò la furia della battaglia :
uomini e cavalli cadevano ad uno ad uno fino a coprire il campo
arrossando la dura terra
e ogni volta che stremato, credeva di poter assaporare la vittoria
nuovi nemici si materializzavano e la pugna divampava senza tregua.
Così fu, finché il sole non dileguò la notte e i raggi che rischiararono la profondità dell’antro
colpirono gli occhi ancora chiusi di Simone che di li a poco si
svegliò.
Accanto a lui il giaciglio del vecchio era vuoto
ma quando si domandò dove potesse essere andato
ricordando le parole a lui dette la sera ,non ebbe dubbi dove
trovarlo.
Il rumore di una cascata lo guidò a passi sicuri sul sentiero che portava
all’acqua.
Il fiume che prima ripido, precipitava giù per alcuni metri
bagnando costantemente di spruzzi la vegetazione circostante
si distendeva poi in un ampio e tranquillo laghetto
quasi a voler riprendere fiato, prima di continuare la sua corsa.
Il vecchio sedeva davanti alla cascata dalla parte opposta,
dove l’acqua si incanalava in una stretta fenditura tra le rocce.
Sedeva su di un masso che la natura sembrava aver creato per lui
quale degno trono di un saggio.
Pur non udendo il rumore dei passi, celato da quello dell’acqua
il vecchio aprì gli occhi, per nulla sorpreso dalla presenza del
giovane.
E prima che questi potesse parlare, con un gesto gli indicò di sedersi
accanto a lui.
Non ci sono parole per descrivere ciò che accadde
quando la mano del vecchio si posò sulla spalla di Simone
come la spada nell’investitura di un cavaliere.
Tutto ciò che la natura rappresentava là intorno, nelle sue innumerevoli
forme di vita
come un’unica grande anima
divenne un vortice impetuoso che lo risucchiò nel profondo,
dove ogni resistenza, ogni volontà era vana, ogni spazio, ogni tempo
senza confini.
In un istante ripercorse a ritroso tutta la sua esistenza
e gioie e dolori più antichi e più nuovi divennero un’unica irreale
sensazione di sogno.
Quando la spirale di vita e di morte si dissolse e i suoi occhi pesanti
rividero la luce
il vecchio era ancora li accanto a lui e sorrideva con un’espressione
paterna.
Ed appena capì che Simone aveva ripreso possesso di sé, gli domandò
:
“ Che cosa vedi ora ? ”
La risposta non tardò ad arrivare
e le parole si confusero con il suono della natura che cantava la vita
:
“
Vedo un fiume, vedo acqua che scorre, ma quell’acqua non è mai la
stessa.
Parte di quell’acqua, parte di quell’interminabile nastro fluido
che è passato di qui quando io sono arrivato, è ormai lontano.
Parte avrà dissetato piante, animali e umani, e parte ancora
starà viaggiando verso il suo destino per ricongiungersi a padre e
madre che è il mare.”
“ Così altrettanto mutevole è la verità che oggi hai scoperto in te ”
disse il vecchio
“ e come l’acqua docile accetta il suo destino di perenne corsa e di
eterna mutazione
così noi dobbiamo accettare il nostro, che come nel tuo sogno è
combattere
combattere per quella verità che oggi sembra appagarti e che domani
forse rinnegherai quando ti accorgerai che mai ci è dato vedere la
scura faccia della luna
combattere ogni qualvolta ti sembrerà di sapere
e l’ombra strisciante del dubbio farà cadere i tuoi castelli di
carta
ed il disappunto fiaccherà le tue forze, combattere fino alla fine del
nostro tempo
anche quelle battaglie e soprattutto quelle, che sin dall’inizio
appaiono disperate.
I cerchi concentrici
che nel punto di caduta sotto la cascata si allargavano verso il
perimetro del lago
sembravano trasportare con se le sagge parole
mentre ora con occhi diversi il giovane osservava l’inarrestabile
divenire
dove nascita e morte si avvicendano come alba e tramonto sul palcoscenico
della vita.
Ed era scesa la sera
quando i due ripercorsero a ritroso il viottolo che dal fiume risaliva
alla grotta.
Il passo del vecchio era il passo leggero di chi non ostante l’età
compensa con la forza dell’animo quell’energia che la giovinezza dispensa
in gran copia.
Il passo di Simone era altrettanto agile e forte, ma all’occhio di un osservatore attento
forse non sarebbe sfuggito un qualcosa che appesantiva la sua
andatura.
Sicuramente non era da poco il fatto che tutto ciò che ora
osservava
appariva a lui diverso come mai prima. Per quanto sentisse dentro di sé
di avere fatto più strada di quanta ne potesse aver fatto fino ad
allora
era anche cosciente che le certezze che lo avevano sostenuto per tanto
tempo
erano svanite come bolle di sapone.
Nemmeno a dirlo
il vecchio aveva percepito tutto ciò che agitava la mente di Simone
e quando si sedettero uno di fronte all’altro
per consumare le poche cose che poteva offrire al suo ospite, così parlò
:
“
Domani partirai. Non sono io che lo voglio, perché la tua compagnia mi
è gradita.
Ogni giorno che passa si avvicina il tempo
in cui potrei aver bisogno di qualcuno che mi aiuti a sopravvivere
ma è scritto nelle stelle quante lune ancora mi sono concesse
e mai mi permetterei per una mia necessità di interferire nelle altrui
esigenze.
Dico queste cose perché ti sia più chiaro il mio animo
anche se a volte è sufficiente uno sguardo più di tante parole.
Pur tuttavia troppo spesso siamo portati a travisare l’altrui
pensiero
quando basterebbe assomigliare di più agli animali per aver chiari i
nostri intenti.
Ed io voglio che quando tu te ne andrai
sappia bene chi hai conosciuto e chi forse rivedrai se Dio vorrà.”
“ Allora credi in Dio ! ”,
chiese Simone.
“
Ti ho detto così perché era il modo più semplice per concludere la
frase.
Non ne abbiamo parlato perché non c’è stata l’occasione o il tempo
o forse solo non era il momento più adatto.
Ora è un’altra la tua priorità che come sai è come un seme che
germoglia dentro di te.
Se qualcosa nella vita ho imparato, penso che non mi contraddirai
se ti dico che se anche ti è chiaro il mio messaggio, ti riuscirebbe difficile
se non impossibile, rinunciare al tuo primo intento che ti spinge al
peregrinare
anche se un giorno potresti concludere che non era necessario.”
Simone meditò a lungo su quelle parole ma non ebbe nulla da
replicare.
Dopo tanti giorni di duro cammino, per la prima volta
sentiva di aver raggiunto una meta da cui a malincuore desiderava
separarsi.
Allo stesso tempo però, l’irrequietezza e l’esuberanza
di quella giovinezza che ancora gli apparteneva, lo spronavano a
proseguire.
Se non lo avesse fatto, probabilmente, il rimpianto ed il dubbio
avrebbero accompagnato per il resto dei giorni
quella conquista che già sentiva non completamente sua.
Il canto dei grilli, in quella notte calda e serena
appena rischiarata da una falce lunare che volgeva ad oriente
fu il valido alleato di Morfeo: Simone cadde in un sonno profondo.
Quando si risvegliò, il sole era già alto
ed ancora una volta trovò il giaciglio del suo ospite vuoto.
Disceso al fiume, trovò il vecchio anziché seduto sul solito masso
completamente immerso nella fredda acqua.
E quando questi uscì fuori, rimase colpito dalla freschezza e dal
vigore
che quelle membra, nonostante l’età, ancora conservavano.
Prima ancora di parlare, il saggio raggiunse il masso
e da una piccola sacca di cuoio consunto, estrasse un oggetto
che consegnò nelle mani del giovane, poi disse :
“ Questo non è un amuleto che potrà proteggerti dalle vicissitudini
e dagli agguati che durante il cammino potresti incontrare.
L’uomo che me lo donò era un cavaliere che dopo tante battaglie
aveva capito di combattere una guerra in nome di una fede
che in realtà adombrava scopi più meschini. È comunque un oggetto molto antico
e sicuramente impregnato di una grande energia che si trasmette a chi
lo porta
e un giorno potrebbe tornarti utile, ma prima voglio che tu
interpreti i simboli che su di esso sono incisi, spero che tu non mi
deluda.”
Il medaglione era in bronzo ed inciso da un solo lato, mentre l’altra
faccia era grezza.
Per quanto consumato dal tempo
si poteva distinguere una coppa alla quale era appoggiato un libro
dalle cui pagine superiormente spuntava l’elsa di una corta spada
mentre la punta fuoriusciva dal lato inferiore del massiccio
volume.
Sul fronte del libro poi, era inciso un sole che sembrava sorgere o
tramontare sul mare.
“ Il libro e la coppa ”
disse Simone
“ non posso fare a meno di pensare
che significhino l’uno la saggezza e l’altra la sapienza
mentre la spada non può che significare la forza.
Quanto poi al mare, ogni volta che l’ho visto, mi ha ispirato la
libertà
mentre il sole, simile nel sorgere e nel tramontare
mi ricorda il destino di tutto ciò che è terreno e che quindi ha un
inizio ed una fine;
allo stesso tempo quel sole, mi suggerisce la speranza e la fede
ben sapendo che all’indomani di quel tramonto
una nuova alba rischiarerà questa nostra terra
e riscalderà il cuore e lo spirito di ogni essere vivente.”
Poi aggiunse : “ Sai, quando mi hai chiesto di interpretare quelle
incisioni
non ero sicuro di esserne in grado, ma un attimo dopo ti ho dato la
risposta
e sentivo le parole venir fuori, quasi non fossero mie, che ne pensi ? ”
“
Penso che ciò che hai detto è giusto e che ancora una volta
guardando dentro di te, hai trovato la risposta.
Porta sempre con te figliuolo, questa reliquia, testimone di tante
battaglie.”
E così dicendo, il vecchio cinse il collo del giovane di quel triplice
simbolo
e salutò Simone con queste parole : “ Va ora per la tua via. Fino a che siamo in vita
siamo costretti a dare una dimensione a ciò che noi chiamiamo
tempo
e per ognuno di noi diversa è la quantità di sabbia contenuta nella
nostra clessidra.
Facile è da giovani credersi immortali finché la cieca falce non colpisce chi ci è vicino.
Solo allora capiamo che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo
e pur tuttavia siamo sempre portati a rimandare ciò che, se veramente
coscienti
faremmo senza indugio, prima che sia troppo tardi.”
“ Spero di rivederti ancora.” Disse Simone, abbracciando il vecchio, che rispose :
“ Mi piacerebbe sentirti raccontare le tue future avventure
le tante meraviglie che vedrai, le genti diverse con cui talvolta condividerai il tuo cammino
allievo e maestro allo stesso tempo, ma quanta sabbia ancora mi
rimane, chissà ?
”
“ Quando raggiungerò il mare ne raccoglierò un sacco
così al mio ritorno potrai riempire la tua clessidra.”
E risero insieme come vecchi amici.
Poi senza aggiungere altro
prese la piccola bisaccia che conteneva le sue povere cose, e senza più voltarsi
ripercorse il viottolo lasciando alle sue spalle il fragore della
cascata.
Passando davanti alla grotta, il groppo alla gola che provò
gli fece capire quanto importante fosse stata la sua sosta
e desiderò con tutto il cuore di poter un giorno riabbracciare il vecchio
nuovo amico
che in così breve tempo aveva saputo donargli tanta saggezza.
A poco a poco
la forza e la determinazione che da sempre avevano guidato i suoi
passi
animarono di nuovo il suo spirito, ed il sentiero ricominciò a scorrere
sotto i suoi piedi
sentendosi pervaso di nuova energia.
Un destino incerto e pieno di insidie, era il prezzo che forse avrebbe
dovuto pagare
ma se la fortuna lo avesse assistito
un grande tesoro di nuove esperienze avrebbe ulteriormente arricchito il
suo spirito
anche se come aveva previsto il vecchio saggio, nell’ostinata ricerca
della verità
sarebbe solo servito a confermare le conquiste che già aveva fatto in
quel breve periodo.
Nessuno sa dire per quanto tempo Simone abbia vagato per le diverse
contrade
e quanto lontano si sia spinto, né quanto tempo era trascorso
quando infine i suoi passi lo condussero di nuovo nei pressi della
grotta.
Con animo incerto andò in cerca dell’amico
ben sapendo che per la vegliarda età avrebbe potuto non essere più in
vita.
Ma varcato l’antro
alla debole luce del giorno che rischiarava a mala pena i profondi
recessi della spelonca
Simone scorse una sagoma scura distesa sopra il vecchio giaciglio
ma prima ancora di rendersi conto di che cosa fosse
una debole voce lo riscosse dal lieve torpore dell’incertezza.
“
Sei tornato finalmente. In cuor mio sapevo che sarei riuscito a
rivederti
e forse questo mio desiderio ha fatto si che ritardasse il mio
viaggio,
anche se devo confessarti che in queste ultime ore la mia fede ha
vacillato.
Purtroppo questo è il più grosso difetto di noi umani, che messi alla
prova
anche quando mille volte
abbiamo avuto la ricompensa per non aver mai abbandonato il campo di
battaglia
c’è sempre un giorno in cui la debolezza prende il sopravvento
ed il dubbio viscido si insinua nella nostra mente
rischiando di rendere vano il cammino della nostra esistenza.
E a questo proposito, se posso darti un ultimo consiglio
da vecchio padre che ha finito il suo tempo
non smettere mai di combattere per la tua verità,
anche in quei momenti che lo sconforto potrebbe facilmente trovare una
breccia.
Sappi che al di là delle nuvole c’è sempre un sole
che splende per chi ha la forza e la pazienza di aspettare.
Sempre la fede immancabilmente ti ricompenserà, e questo principio
così poco comprensibile a chi non ha mai ricercato se stesso
deve muovere il tuo passo in ogni minuto della tua vita, lunga o
corta che sia.
Mi sarebbe piaciuto sentirti raccontare le tue esperienze
rivivere le mie confrontando le sensazioni che la vista e l’udito
regalano all’uomo
e che nei sogni e nella realtà riaffiorano talvolta in tutta la loro
potenza.
Ma la sabbia della clessidra è finita
ed io devo accontentarmi della lunga vita che mi è stata concessa
e di aver conosciuto un figlio che percorre la mia stessa via.
Un giorno ti dissi che non avevo segreti, ma in realtà una cosa ti ho
nascosto :
quel cavaliere di cui ti parlai ero stato io una volta, e
probabilmente
fu la paura e l’imbarazzo di raccontare cose tristi che mi impedirono
di dirti la verità.
Del resto, di quel cavaliere non è rimasto più nulla
se non quel medaglione che tu ora porti al collo.
Quel cavaliere è morto il giorno in cui, in nome di quella croce che
vestivamo
c’era si chi difendeva i deboli e gli oppressi
ma anche chi si macchiava di orrendi delitti, uccidendo inermi di
ogni età
per il solo fatto di essere nati in una terra dove si professava una
diversa fede.
Quel giorno giurai che non avrei più impugnato un’arma contro un
essere umano
anzi, nessun essere vivente avrebbe dovuto ricevere da me alcun
danno;
e da allora così è stato, e gli animali
che nel tempo hanno compreso il mio benevolo intento
hanno abbandonato ogni timore ed insieme, in questo piccolo
fazzoletto di terra
incredibilmente risparmiato dall’uomo
siamo vissuti come un’unica grande famiglia
e forse è per questo che non mi sono mai sentito solo.
C’è un’altra cosa che voglio lasciarti
non è il denaro che non posseggo dal giorno in cui ho fatto la mia
scelta :
solleva quel masso là in fondo e cerca appena un po’ sotto la
terra.”
Il giovane ubbidì, spostò a fatica il pesante macigno
e a mani nude scavò nella terra non troppo compatta
e ben presto comparve un lungo fagotto di pelle scura.
Dalla forma Simone intuì subito quale fosse il contenuto, ed
infatti
una grossa e vecchia spada rivide la luce dopo molti anni.
“ Questa per molto tempo è stata la mia fedele compagna.
Il giorno in cui l’ho abbandonata
sapevo che si sarebbe presentata l’occasione di impugnarla di nuovo
anche se a buon fine. Ma disgustato dagli orrori
ho trovato più giusta soluzione ritirarmi
e così ho vissuto fino ad oggi senza rimpianti, finalmente in pace con me
stesso
e con tutto ciò che mi circonda. Ma nel tuo peregrinare
se la tua giovane età ti spinge ancora a ricercare nuovi orizzonti
questa vecchia arma potrà tornarti utile
e se il suo peso non impaccerà troppo il tuo cammino, portala con
te.
Al di la dell’uso materiale per cui è forgiata
è anche il simbolo di quella forza che ci aiuta a superare i momenti più
duri della vita
e a non rinnegare mai gli ideali per cui abbiamo tanto combattuto.”
La voce, sempre più debole, fece sì che le parole
giungessero all’orecchio del giovane come un sussurro, e forse fu un
caso
ma quando una civetta cantò la fuori
sulla vetusta quercia che sorvegliava l’ingresso della grotta
il vecchio, come ad ubbidire ad un segno divino, chiuse gli occhi.
Nonostante la debole luce, a Simone non sfuggi l’espressione di pace e di
serenità
che si dipinse su quel viso in quel preciso istante
in cui quella grande anima abbandonò il suo ormai inutile
involucro.
E una profonda tristezza colmò il cuore di lui
che avrebbe voluto parlare ed ascoltare ancora sagge parole,
rimproverandosi di essersi attardato troppo nel suo vagabondare.
Mentre fuori il frinire dei grilli ed il fremito leggero delle
foglie
mosse da un vento gentile, erano gli unici suoni
a far sembrare che il tempo possedesse una sua dimensione.
Poi a poco a poco, l’ingresso della grotta divenne un semicerchio ben
definito
contro la luce che fuori acquistava vigore.
Era giunto il momento di riprendere il cammino.
- Massimo Ferrini -
GLI ANIMALI PARLANO storie di animali ed altri racconti
Nicomp Laboratorio Editoriale, Firenze (2022)
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