Tempo di crisi
  Difficile definire il tempo in cui stiamo vivendo.
  Tempo di crisi, certamente.
    Se, all’inizio del XX secolo, Freud ha scandalizzato il mondo
      scientifico
  
  
    nel descrivere l’uomo mosso dalle sue pulsioni inconsce, è fondamentale
      ripensare,
  
  
    partendo dal contesto attuale,
  
  
    la soggettività emergente in questo nuovo secolo - in questo nuovo
      millennio.
  
  E come collocare la problematica della identità e del soggetto
  quando le frontiere geografiche si dissolvono nello spazio cibernetico
    ?
    Se
      Anna Arendt
      ci avvertiva a metà del secolo XX della «
      banalizzazione del male »,
  
  
     l’avvertimento che deve essere lanciato in questo XXI secolo
  
  
    è la banalizzazione tout court con l’assenza delle frontiere e con
      l’inondazione immaginifica,
  
  
    lo spessore e la densità necessarie alla costituzione di una identità
      individuale e privata
  
  
    sparisce nella stessa proporzione nella quale la velocità dei cambi
  
  
    è avvenuta fra il mondo esterno e il mondo interno.
  
    Secondo
      Jean Baudrillard,
  
  
    gli attacchi dell’11 settembre 2001 inaugurerebbero «
      una quarta guerra mondiale »
  
  
    la prima ha rappresentato la fine della supremazia europea e del
      colonialismo;
  
  
    la seconda ha determinato la fine del nazismo;
  
  
    la terza ( meglio conosciuta come « guerra fredda 
      » 
  
  
     conclusasi nel 1989 con la caduta del muro di Berlino )
  
  
    ha decretato la fine del comunismo.
  
  
    La quarta guerra mondiale sarebbe invece « una guerra di complessità frattale,
  
  
    condotta su scala mondiale contro realtà singole ribelli che, come gli
        anticorpi,
  
  
    oppongono resistenza in ogni cellula. »
  
  
    Nessuno sembra però riuscire a immaginare dove tutto questo potrà
      condurre l’umanità.
  Ma notiamo anzitutto quanto parziali siano stati
  i risultati ottenuti mediante le prime tre guerre di cui sopra.
    La prima guerra mondiale
  
  
    ha effettivamente e provvidenzialmente segnato la fine della supremazia
      europea,
  
  
    tuttavia una sorta di colonialismo a ben vedere sopravvive ancora oggi,
      - mutato nomine
  
  
      basta esaminare come l’Unione Europea sta raggirando le ex-colonie
      africane
  
  
    con il cosiddetto “ Accordo di Partenariato Economico ” (A.P.E.).
  
  La seconda guerra mondiale
  ha certamente e ancor più provvidenzialmente distrutto il delirio
    hitleriano,
  ma la discriminazione etnica sopravvive ancora ai giorni nostri.
  I campi di sterminio non esistono più, forse, ma in un certo senso
  il mondo intero si è trasformato in un immenso LAGER GLOBALE
  che non riusciamo nemmeno a vedere,
  talmente si è abilmente camuffato nella quotidianità, nella cosiddetta
    " normalità "
  La guerra fredda
  ha determinato il crollo del comunismo sovietico e il fallimento del
    socialismo reale,
  determinando uno squilibrio a tutto favore delle economie di tipo
    capitalistico
  e, in particolare, del colosso imperialistico statunitense,
  il quale ha immediatamente dato inizio a una strategia conosciuta
    come guerra preventiva
  ( in pratica, uno stato permanente di conflittualità.)
    La crisi della classe dei politici, incapaci ormai di costruire
      consenso
  
  
    - giacché la loro politica ( che poi si è ridotta a mero servilismo
      economico )
  
  
    produce dappertutto miseria e precarizzazione -
  
  
    ha certamente influito in questa scelta,
  
  
    così come la necessità di controllare meglio i flussi delle risorse
      energetiche
  
  
    ( il petrolio, anzitutto ),
  
  
    ma alla base c’è un forte senso di insicurezza individuale e
      collettivo.
  
    Oggi, in linea di massima,
  
  
    la vita della maggior parte degli individui oscilla fra la bulimia e
      l’anoressia culturale.
  
    La bulimia culturale
  
  
    
      è l’eccessiva informazione (spesso faziosa e sommaria, quindi
      indigesta)
  
  
    che causa confusione e crea tessuto adiposo che va ad accumularsi nel
      nostro cervello,
  
  
    rallentandolo e inibendolo nelle sue funzioni.
  
  
    Gli individui si ingozzano di informazioni che non riescono a digerire,
      ad assimilare,
  
  
    a trasformare in sangue vitale, in esperienza viva.
  
    L’anoressia culturale
  
  
    
      rappresenta invece l’inappetenza all’informazione;
  
  
    essa è pericolosa quanto l’eccessiva informazione
  
  
    perché causa una particolare forma di inedia nota con il nome di
      ignoranza.
  
    Una cultura equilibrata si raggiunge anche mediante l’armonia
  
  
    fra ciò che si legge e ciò che si riesce a metabolizzare.
  
    E oggi, per la verità, anche chi legge, non sa nulla della vera arte
      della lettura
  
  
    così, si divora un libro dietro l’altro per colmare il vuoto
      esistenziale,
  
  
    esattamente come altri si annegano nel vuoto, nelle mille
      insensatezze,
  
  
    nel fondamentalismo (di qualunque bandiera), nelle perversioni,
  
  
    nella degradante stupidità di un mondo fasullo e di una realtà sempre più
      esiziale.
  
    Siamo immersi in un tempo di crisi.
  
    Ma proprio per questo la nostra epoca è straordinaria !
  
  Viviamo in un momento straordinario perché siamo in un momento di crisi
      straordinario.
    La crisi attuale
  
  
    ( a differenza di quelle precedenti che hanno segnato la storia
      dell’umanità )
  
  
    non è limitata a un paese o a un impero, a un gruppo di individui più o
      meno vasto,
  
  
    a un particolare sistema economico o religioso: è una crisi planetaria
  
  
    che attraversa ogni singolo uomo e tutti i sistemi umani complessivamente
      :
  
  
    organizzazioni, istituzioni, chiese, partiti, aziende.
  
  
    La complessità dell’attuale situazione mondiale
  
  
    rende imperativa una soluzione nuova, radicale, ALTRA.
  
    Per incominciare, osserviamo che anche oggi, come in tutte le
      crisi,
  
  
    si possono assumere due atteggiamenti affatto differenti :
  
  
    chiudersi in un passato morto e putrescente per paura del nuovo,
  
  
    oppure cercare di dare espressione intenzionale all’ignoto,
  
  
    partendo ognuno dalle proprie radici più autentiche,
  
  
    cercando di dare nascita a qualcosa di genuino, che sia davvero nuovo,
      unico, irripetibile.
  
    Finito lo Stato-nazione e tramontate le autorità ( morali, religiose,
      economiche o altro )
  
  
    nessuna istituzione potrà arrogarsi il diritto di disegnare l’ordine
      delle cose in vece nostra.
  
    È finita l’èra in cui si delegava ad altri
  
  
    ( preti, stregoni, guru, capi-tribù, psicanalisti, o chiunque altro
      )
  
  
    la propria libertà.
  
    Siamo nel vivo di una crisi evolutiva senza precedenti nella storia
        dell’umanità.
  
    Perciò è il tempo del Grande Senso.
  
  E riecheggiano in noi i versi di Sri Aurobindo:
  « E forse troveremo,
  quando tutto sarà fallito,
  nascosta dentro,
  la chiave del perfetto cambiamento »

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