Consapevolezza delle profondità inviolabili
Letto oggi
questo testo appare di una impressionante preveggenza
quasi un guanto di sfida gettato in nome di una libertà preziosa:
“ la libertà di dire NO ”
quasi un guanto di sfida gettato in nome di una libertà preziosa:
“ la libertà di dire NO ”
È mai possibile che " l'essere " venga distrutto
nell'uomo ?
A questo interrogativo
di fronte al quale si dividono non soltanto le confessioni ma anche le
religioni
può dare una risposta unicamente la fede.
Nell'essere noi possiamo ravvisare la salvezza, l’anima, la patria
eterna e cosmica dell’uomo
ma sarà sempre evidente
che l’attacco inteso a colpirlo può venire solamente dal più tetro degli
abissi.
Anche oggi, che i concetti dominanti toccano appena la superficie degli
eventi,
è facile intuire
che sono in corso attentati che mirano a tutt'altro che a semplici
espropri o liquidazioni.
Di qui nasce l’accusa di « assassinio dell’anima ».
Un’espressione del genere
poteva essere coniata soltanto da uno spirito ormai fiaccato,
e provoca fastidio in chiunque abbia idea della immortalità
e delle strutture che su di essa si fondano.
Dove esiste l’immortalità o anche soltanto la fede in essa,
sappiamo che ci sono dei punti in cui nessun potere, nessuna potenza
terrestre,
per grande che sia,
può ghermire, colpire o meno che mai distruggere l’uomo.
Il bosco è un santuario.
Il panico che oggi vediamo dilagare ovunque è già espressione di uno
spirito intaccato, di un nichilismo passivo che stimola quello attivo.
Niente di più semplice che intimorire un uomo già persuaso che tutto avrà
fine nel momento in cui verrà meno la sua fugace presenza sulla terra. I
nuovi padroni di schiavi lo sanno, e solo per questo danno tanta
importanza alle teorie materialistiche. Nell'ora della rivolta queste
teorie servono a sgretolare l’ordine costituito e, dopo la conquista del
potere, a rendere perenne il terrore. Non debbono più esserci bastioni su
cui l’uomo possa sentirsi inattaccabile, e dunque libero dalla
paura.
È invece importante sapere che ogni uomo è immortale, che in lui
alberga una vita eterna, terra inesplorata e tuttavia abitata che anche
se lui stesso ne nega l’esistenza nessun potere temporale potrà mai
strappargli. Per molti, o addirittura quasi tutti, l’accesso assomiglia
a un pozzo dove per millenni sono stati scaricati rovine e detriti. Non
appena essi vengono rimossi, riappaiono sul fondo non solo la sorgente,
ma anche le antiche immagini. L’uomo è infinitamente più ricco di quanto
supponga. È una ricchezza, la sua, di cui nessuno può spogliarlo, e che
nel corso delle epoche riaffiora sempre, soprattutto quando il dolore ha
messo allo scoperto le profondità.
È questo ciò che l’uomo vuole sapere. Qui è il nucleo della sua
inquietudine temporale. L’origine della sua sete che cresce nel deserto
– e questo deserto è il tempo. Quanto più il tempo si dilata, quanto più
il tempo è consapevole e tirannico, e però anche vuoto fin nei suoi
frammenti più minuti, tanto più ardente si fa la sete di ordini
superiori.
A buon diritto l’assetato chiede al teologo di lenire la sua sofferenza
– secondo l’antichissimo modello teologico della verga che fa sgorgare
l’acqua dalla roccia. E se, per tali questioni supreme, lo spirito ora
si rivolge al filosofo per poi accontentarsi di interpretazioni del
mondo sempre più modeste, ciò non significa che si sono modificati i
fondamenti dell’esistenza, ma che i mediatori non sono più chiamati a
sollevare il velo. A queste condizioni è preferibile la scienza, poiché
tra i detriti che ostruiscono le vie d’accesso vi sono anche le grandi,
antiche parole che sono diventate dapprima convenzionali, poi irritanti
e alla fine soltanto noiose. Le parole si muovono con la nave; luogo del
Verbo è il bosco. Ma il Verbo riposa sotto le parole come il fondo d’oro
sotto il dipinto di un primitivo. Quando il Verbo non anima più le
parole, sotto i fiumi di parole si diffonde un silenzio atroce – nei
templi innanzitutto, trasformati in tombe fastose, poi sui
sagrati.
Uno dei grandi avvenimenti è il volgersi della filosofia dalla
conoscenza alla lingua; lo spirito si trova ora in stretto rapporto con
un fenomeno originario. È un fatto più importante di tutte le scoperte
della fisica. Il pensatore accede a un territorio dove, finalmente, può
di nuovo allearsi non soltanto con il teologo, ma anche con il
poeta.
Tratto da : Il Ribelle di E.Junger - Ed.Adelphi
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