E le stelle stanno a guardare
Incipit
Il vento s'ingolfava gelido nelle crepe dei muri della casupola di due soli
vani.
Si udiva, lontano, il rantolo delle onde. Il resto era silenzio.
Immobile,
Marta si teneva il piú possibile discosta da Roberto che aveva dato
segni di irrequietezza,
e tossito spasmodicamente, a tratti, durante la notte.
Stette ancora un minuto a giacere, arcigna, armandosi per affrontare
quest'altra odiosa giornata, sforzandosi a soffocare il malanimo che
sentiva contro di lui. Poi, a stento, si levò.
La pietra del pavimento sembrava ghiaccio sotto i suoi piedi nudi.
Si vestí alla svelta, con le mosse decise d'una donna robusta non ancor
quarantenne.
Tuttavia, come fu vestita, lo sforzo la lasciò ansante.
Non sentiva fame; strano che da qualche giorno in qua non sentisse piú
fame !
ma si sentiva debole, mortalmente debole.
Si trascinò verso l'acquaio, girò il rubinetto. Niente acqua: era gelata
nella tubazione.
Si perse d'animo un istante; stette in piedi, premendo le palme callose
sul ventre pregno,
e lasciò lo sguardo vagare fuor dalla finestra verso l'alba
esitante.
Sotto i suoi occhi, indistinte, le fila parallele delle case dei
minatori.
Sulla destra, Sleescale, il paese, nero; e al di là il porto, con un
unico lume, freddo;
e poi il mare, piú freddo ancora.
Sulla sinistra la sagoma aspra della impalcatura sovrastante il pozzo n.
17 della Nettuno
torreggiava come un patibolo, delineandosi entro il livido cielo di
levante,
dominando sul paese sul porto sul mare.
Sulla fronte di Marta il solco si fece piú profondo. Da tre mesi ormai
durava lo sciopero.
Al tetro pensiero,
ella voltò bruscamente le spalle alla finestra e cominciò ad accendere il
fuoco.
Non era facile accenderlo.
Aveva solo qualche pezzo di legno umido, che ieri Sam aveva racimolato in
terra qua e là,
e un po' di carbonigia, della qualità pessima, che Ugo aveva raccolto
sulle prode del pozzo.
Si ribellava all'idea di doversi arrabattare con quei rifiuti
lei Marta Fenwick, abituata, da sempre, ad usare la migliore qualità di
carbone,
abituata a un vero fuoco da minatori.
Riuscí tuttavia ad accenderlo, finalmente.
Uscí nel cortile, ruppe, con un colpo vendicativo, il ghiaccio nella
tinozza dell'acqua piovana,
riempí la pentola, tornò e la mise a bollire. Non bolliva mai.
Quando l'acqua fu calda, se ne riempí una tazza e si accosciò davanti al
fuoco;
tenendo la tazza tra le due mani, prese a sorseggiare, lentamente.
-
Archibal Cronin
-
Un incipit proposto come un invito alla lettura del libro.
Un libro molto adatto per narrare agli adolescenti quanto la vita sia seria,
dura e impegnativa
e come non si possa evitare di dotarsi della capacità di soffrire,
combattere
e non fuggire di fronte all'implacabile severità degli eventi.
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