Distaccarsi dal superfluo
Molto si parla del
disprezzo del denaro
e con lunghissimi
discorsi si ammaestrano gli uomini
a credere che i loro beni
risiedono nell’animo, non nel patrimonio :
ricco è colui che si è
adattato alla propria povertà e si è fatto ricco con poco.
Ma gli animi rimangono
più colpiti
quando si sentono
pronunciare versi di questo genere :
Ha bisogno del minimo
quel mortale che il minimo brama.
Ha ciò che vuole chi sa
volere ciò che basta.
Quando sentiamo queste
parole e altre consimili
dobbiamo necessariamente
ammettere la verità.
Infatti persino quelli
che non si accontentano mai di nulla
manifestano ammirazione, entusiasmo,
proclamano il loro odio per il denaro.
Quando li avrai visti in
questa disposizione d’animo,
incalza, premi, fa
sentire il tuo peso,
metti al bando equivoci e
sillogismi e sofismi e ogni altro giochetto di inutile acume.
Volgiti contro l’avidità,
volgiti contro il lusso sfrenato.
Quando ti sarai accorto
di aver ottenuto qualche successo
e avrai impressionato gli
animi degli ascoltatori, insisti con più energia :
è incredibile quanto
importanti siano i risultati di un simile modo d’esporre,
teso alla guarigione e
interamente volto al bene degli ascoltatori.
Difatti è molto facile
indurre ténere menti all’amore dell’onestà e della rettitudine,
e la verità, quando per
ventura dispone di un avvocato idoneo,
ha potere su indoli
ancora docili e solo leggermente corrotte.
Io almeno
quando udivo Attalo
inveire contro i vizi, gli errori, i mali della vita,
ho provato spesso
compassione per il genere umano
e ho creduto che egli
fosse un uomo sublime e superiore a ogni umana grandezza.
Definiva se stesso un re,
ma, ancor più che un re,
mi sembrava un uomo
munito della facoltà di censurare i regnanti.
Quando poi aveva cominciato
a tessere gli elogi della povertà
e a mostrare come tutto
ciò che eccede il necessario
fosse un peso superfluo e
greve per chi lo portava,
spesso mi sarebbe
piaciuto uscire povero dalla scuola.
E quando aveva iniziato
il discorso con lo sferzare i piaceri,
lodare la continenza, la
sobrietà a tavola,
un atteggiamento mentale
immune non solo da piaceri illeciti,
ma anche da quelli
superflui,
mi veniva proprio voglia
di imporre limiti severi alla gola e al ventre.
Dopo questi incontri mi
sono rimaste, o Lucilio, talune consuetudini.
In effetti mi ero accinto
con grande slancio a mettere in atto tutti i suggerimenti,
poi, ricondotto alla
prassi della vita cittadina,
ben poco riuscii a
conservare dei miei buoni inizi.
Di qui la rinuncia per
tutta la vita alle ostriche e ai funghi,
che, per la verità, non
sono propriamente cibi,
ma stuzzichini che
inducono a mangiare chi è sazio fino al collo.
Nulla di più gradito ai
mangioni
e a quelli che si
rimpinzano oltre la capacità del loro ventre;
è roba che va giù
facilmente e che facilmente torna su.
Di qui la decisione di
astenerci per tutta la vita dall’uso di profumi,
perché il migliore
profumo che si può avere sul corpo è nessun profumo.
Di qui uno stomaco che fa
a meno del vino.
Di qui il tenersi lontani
per tutta la vita dalle terme :
siamo convinti che far cuocere
il corpo
fino a rinsecchirlo ed
esaurirlo a furia di sudorazioni
è pratica inutile e da
gente smidollata.
Le altre abitudini, che
avevo eliminato, sono tornate,
ma in un modo da
consentirmi di osservare una certa misura
per quelle da cui avevo
cessato di astenermi,
ed è una limitazione
piuttosto vicina all’astinenza
e non so se ancora più
difficile di questa,
perché certe consuetudini
dell’animo è più facile sradicarle che moderarle.
- Seneca -
Lettere a Lucilio
Lettere a Lucilio
( XVII, 108 )
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