Suggerimento

Se hai ragione non hai bisogno di gridare.

S. Paolo : " Vagliate tutto e trattenete ciò che vale "
B. Pascal : " Sia il consenso della vostra ragione e non quella degli altri che vi conduca a credere "
T. de Chardin : Basta che la Verità appaia una sola volta, in una sola mente, perché nulla possa più impedire d'invadere tutto e d'incendiare tutto "
Di mio sento solo di aggiungere che : la Verità non necessita di essere sostenuta da proselitismo ... bensì ... essere semplicemente enunciata e testimoniata.
Essa è sempre coerente con sé stessa e trova per sua stessa natura quale sia il modo opportuno e la circostanza più adatta per rivelarsi.
E' solo questione di tempo.

Da considerare anche che, una volta conosciuta, la Verità rende sicuramente liberi, ma, in alcune circostanze, niente affatto sicuri.

SAPERE AUDE !

ET SI OMNES EGO NON

sabato 6 febbraio 2021

La servitù di un popolo sbandato

La servitù di un popolo sbandato

Cosa può esserne di un Paese i cui cittadini dormono tranquillamente
mentre i loro Leader sono impegnati a distruggerli ?

Assomigliamo sempre più a un popolo che si va via via sgretolando.
Privato di una libertà che ci è concesso soltanto di poter " fiutare "
( sino a quando ? )
senza rendere possibile di fatto lo sbocco in una forte e comune coscienza nazionale
la sola in grado di esprimere un vero peso da protagonisti nella Storia attuale.

Fa riflettere la similitudine
con la condizione di quel popolo nella vicenda qui richiamata e proposta.
Si trattava allora di una Patria da conquistare. Oggi da difendere.

La libertà si conquista e si difende con azioni proprie e dirette
senza far conto sull'intervento di terze parti.
Perché pur cambiando padrone ... sempre schiavi si resta.

Chi ha orecchio per intendere intenda.

💢 

Adelchi - Coro atto III
Alessandro Manzoni

Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti
dai boschi, dall’arse fucine stridenti
dai solchi bagnati di servo sudor
un volgo disperso repente si desta;
intende l’orecchio, solleva la testa
percosso da novo crescente romor.

Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti
qual raggio di sole da nuvoli folti
traluce de’ padri la fiera virtù :
ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
si mesce e discorda lo spregio sofferto
col misero orgoglio d’un tempo che fu.

S’aduna voglioso, si sperde tremante
per torti sentieri, con passo vagante
fra tema e desire, s’avanza e ristà;
e adocchia e rimira scorata e confusa
de’ crudi signori la turba diffusa
che fugge dai brandi, che sosta non ha.

Ansanti li vede, quai trepide fere
irsuti per tema le fulve criniere
le note latèbre del covo cercar;
 e quivi, deposta l’usata minaccia
le donne superbe, con pallida faccia
i figli pensosi pensose guatar.

E sopra i fuggenti, con avido brando
quai cani disciolti, correndo, frugando
da ritta, da manca, guerrieri venir :
 li vede, e rapito d’ignoto contento
con l’agile speme precorre l’evento
e sogna la fine del duro servir.

Udite ! Quei forti che tengono il campo
che ai vostri tiranni precludon lo scampo
son giunti da lunge, per aspri sentier :
 sospeser le gioie dei prandi festosi
assursero in fretta dai blandi riposi
chiamati repente da squillo guerrier.

Lasciar nelle sale del tetto natio
le donne accorate, tornanti all’addio
a preghi e consigli che il pianto troncò :
han carca la fronte de’ pesti cimieri
han poste le selle sui bruni corsieri
volaron sul ponte che cupo sonò.

A torme, di terra passarono in terra
cantando giulive canzoni di guerra
ma i dolci castelli pensando nel cor :
 per valli petrose, per balzi dirotti
vegliaron nell’arme le gelide notti
membrando i fidati colloqui d’amor.

Gli oscuri perigli di stanze incresciose
per greppi senz’orma le corse affannose
il rigido impero, le fami durâr;
si vider le lance calate sui petti;
a canto agli scudi, rasente agli elmetti
udiron le frecce fischiando volar.

E il premio sperato, promesso a quei forti
sarebbe, o delusi, rivolger le sorti
d’un volgo straniero por fine al dolor ?
 Tornate alle vostre superbe ruine
all’opere imbelli dell’arse officine
ai solchi bagnati di servo sudor.

Il forte si mesce col vinto nemico
col novo signore rimane l’antico;
l’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
si posano insieme sui campi cruenti
d’un volgo disperso che nome non ha.


Un capolavoro eterno di cui gustarne la visione.


Nessun commento: