Slittamenti punitivi
Le sanzioni, tanto di moda in tempo di guerra, sono quell’insieme di provvedimenti punitivi, fondamentalmente di tipo economico, adottati contro uno stato che non adempia agli obblighi stabiliti e non rientri nei parametri democratici fissati a livello internazionale. Una pena predisposta dall’ordinamento giuridico per rafforzare l’osservanza della legge da parte di singoli individui o di intere comunità umane. In teoria, una norma di salvaguardia e garanzia della convivenza civile, che però finisce per trasformarsi in una fonte di soprusi, vessazioni, ingiustizie e tirannie, quando il potere che stabilisce le leggi risulta illegittimo e privo di fondamento.
Del resto, già il solo fatto che le (inique !) sanzioni si basino sull’attacco al portafoglio del “reo” è indice di una visione mercantilistica della realtà e di una mentalità da borseggiatori, fornendo così il migliore identikit possibile di quelli che sono gli autentici promotori di tali provvedimenti. Infatti, solo in un mondo dominato dalla visione materialistica, in cui l’unico fine dell’essere umano risulta essere il benessere materiale ed il guadagno economico, poteva essere concepita una punizione di questo tipo. Per una mentalità dove il possesso e la ricchezza sono tutto quello che conta e la massima aspirazione, aggredire sul piano economico il proprio nemico rappresenta la peggiore punizione possibile.
Per rendersi pienamente conto dell’assoluta modernità — e non è un complimento né tanto meno una notazione positiva! — di tali misure e provvedimenti, sarà sufficiente ricordare in cosa consistessero invece le pene e i castighi presso le società fondate sui valori spirituali e sulla visione sacra della vita.
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