Le immagini in testa
La creazione del consenso non è un'arte nuova
Nel 1922, Walter Lippmann definì come segue il concetto di “opinione pubblica”:
“ Le immagini che gli esseri umani hanno nella testa,
le immagini di sé stessi, degli altri, dei propri scopi e obiettivi, delle
proprie relazioni,
rappresentano le loro opinioni pubbliche.
Queste immagini, quando vengono gestite da gruppi di persone
o da persone che agiscono in nome di gruppi, diventano
Opinione Pubblica
con le iniziali maiuscole. ”
pubblicato un anno dopo l’uscita de La psicologia di massa di Freud, che
trattava temi simili,
fu un prodotto del periodo trascorso all’interno del gruppo di Rees.
È tramite i media, scrive Lippmann,
che la maggior parte delle persone elabora quelle “immagini nella testa”
il che garantisce ai media “un potere spaventoso”.
Nel suo libro, Lippmann osserva che la gente è più che disposta
a ridurre problemi complessi in formule semplicistiche
e a formare la propria opinione secondo ciò che credono che gli altri
intorno a loro credano;
la verità non ha nulla a che fare con le loro considerazioni.
L’apparenza di notizia fornita dai media conferisce un’aura di realtà a
queste favole:
se non fossero reali, allora perché mai sarebbero state riportate
?
pensa l’individuo medio secondo Lippmann.
Le persone la cui fama viene costruita dai media, come le star del
cinema
possono diventare “ opinion leaders ”
con il potere di influire sull’opinione pubblica quanto le personalità
politiche.
Se la gente pensasse troppo a questo procedimento
il giocattolo potrebbe rompersi; ma Lippmann scrive:
“La massa di individui completamente illetterati, dalla mente debole,
rozzamente nevrotici, sottosviluppati e frustrati è assai considerevole;
molto più considerevole, vi è ragione di ritenere, di quanto generalmente
si creda. Così viene fatto circolare un vasto richiamo al popolo tra
persone che, sul piano mentale, sono bambini o selvaggi, le cui vite sono
un pantano di menomazioni, persone la cui vitalità è esaurita, gente
ammutolita e gente la cui esperienza non ha mai contemplato alcun elemento
del problema in discussione.”
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