La parola espressa
« Come i genitori non creano l'anima del figlio
così l'uomo non crea il significato di una parola,
cioè la sua capacità di influenzare la coscienza.
L'uomo lascia risuonare la parola e la pronuncia, ma è attraverso la
parola e attraverso l'uomo
che il passato imperfetto si avvicina alla perfezione, il peccatore alla
redenzione,
l'insensato al significativo, o più precisamente, il vecchio significato
alla sua auto-resurrezione
in un significato nuovo, più chiaro, più pieno.
In questa chiamata, non è solo la voce delle generazioni passate che
chiama,
ma la voce di tutta la " storia naturale ", la voce di
tutta la natura muta
che richiede all'uomo di darle la parola e riempire la sua esistenza di
significato.»
- Egor Falyov -
Il linguaggio, la caratteristica che ci definisce più di ogni altra,
è nel primo libro dell’Antico Testamento un dono che conferma senza margine di dubbio
la nostra libertà e la nostra creatività.
Le conseguenze non sono scontate.
Si legge infatti che Dio ci ha fatti a sua immagine e somiglianza,
ma nessuno ha mai visto il volto di Dio.
E allora come possiamo valutarla, questa somiglianza ?
Qui il linguaggio diventa pertinente.
Forse, questa somiglianza si percepisce nel riconoscerci capaci di dare dei nomi.
Il Dio che crea, cioè, ci fa simili a lui perché accetta le nostre creature;
fatte di aria e di pensiero, è vero, ma pur sempre creature: i nomi.
Siamo dunque fatti della stessa sostanza di cui son fatte le parole, e come noi Dio
che in questo ci ha generati simili a lui: liberi di dare nomi alle cose.
Noi siamo tutti parole incarnate.
- Andrea Moro -
pg. 14
Da cui il consiglio: Meglio dir nulla che dir cose da nulla
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